
È un viaggio che parte da molto lontano la seconda tappa del tour di Cesare Cremonini a San Siro. Sono i paesaggi dell'Alaska, tra montagne illuminate da giochi di luce e la magia dell'aurora boreale, ad accogliere gli oltre 50mila spettatori presenti. È una dimensione lontana ma allo stesso tempo intima e di riscoperta quella che il cantautore bolognese, al suo quarto tour negli stadi, ha vissuto nell'ultimo anno e raccontato nell'album Alaska Baby.
"Viaggeremo insieme nei posti dove sono stato. Non voglio più tornarci da solo, ma con voi ", dice. La voglia di condividere le emozioni guida il suo spettacolo, tra presente e passato, tra fuochi d'artificio, acrobati, giochi di luci e colori, ritornelli da cantare senza pensieri e momenti di riflessione. Cremonini non si risparmia nemmeno per un secondo e dimostra di essere un artista nato per stare sul palco. Si siede al pianoforte (con cristalli in onore dell'Alaska) per Acrobati, suona la fisarmonica per Figlio di Un re, gioca con l'asta del microfono alzandola in aria, balla scatenandosi sulle note di Grey Goose. E poi brilla non solo per presenza scenica ma anche grazie alle sue giacche di paillettes che riflettono le luci.

E anche se in un viaggio "non importa dove ma conta solamente andare", casa rimarrà sempre un posto speciale. Era impensabile per Cremonini non omaggiare la sua Bologna con i brani che lo legano alla città e con il supporto degli amici di una vita. È lui a chiamare sul palco Valentino Rossi che, emozionato, sale le scale e lo stringe in un caloroso abbraccio tra gli applausi del pubblico. "Grazie, siete bellissimi", dice il pilota quasi imbarazzato. "Per me era importante che ci fossi", spiega il cantautore. E non poteva essere un ritorno a casa anche senza il brano San Luca, cantato in modo intimo con Luca Carboni, alla sua prima apparizione dopo un periodo lontano dalle scene, sullo sfondo del portico bolognese. Da una dimensione intima e toccante, a una in cui è impossibile non cantare a squarciagola: Cremonini cambia registro ma non città e fa ballare tutto lo stadio sulle note di 50 special. Chiodo di pelle indosso, chitarra alla mano e quella canzone da cantare all'inizio alla fine in una perfetta sera d'estate.

Desiderava che il pubblico si sentisse davanti a "un artista che ancora si mette in gioco e scommette su qualcosa". E su questo, dopo 27 canzoni (la scaletta più lunga di sempre) e due ore e mezza di live mai uguale a se stesso, non ci sono dubbi. Cremonini si è superato, rinnovato, evoluto. Ha tramesso appieno cosa significhi essere un artista oggi: completo e instancabile, con la voglia di emozionarsi ed emozionare chi ha scelto di venirlo a vedere.
