Cecilia Gayle: “Col Pam Pam ho guadagnato tanto da crescere un figlio da sola e mandarlo ad Harvard”

Icona del merengue e dei balli di gruppo che hanno fatto muovere generazioni intere, Cecilia Gayle torna a far parlare di sé con un nuovo singolo: Pasito Patras. L’artista italo-costaricana, che con brani come El Pam Pam e Tipitipitero ha conquistato il pubblico italiano, si racconta in quest'intervista: dall'idolatria per Raffaella Carrà a Domenica In, dall'arrivo in Italia al divorzio, il suo ritorno sul palco dell'Arena di Verona con Amadeus e le generazioni cresciute con le sue canzoni. Qui l'intervista a Cecilia Gayle.
Cosa significa per te, ritornare in questo periodo, con un nuovo singolo?
Non vedevo l'ora di tornare, ma ho avuto disturbi di salute negli ultimi anni. Solo l'anno scorso mi sono dovuta fare una piccola operazione al cuore, un'ablazione (un intervento chirurgico per il trattamento delle aritmie cardiache, ndr).
Come hai scoperto questo problema?
È un disturbo che ho quasi da 40 anni, però è stato abbastanza difficile diagnosticarlo, anche perché sono episodi di aritmia che devono essere analizzati nel preciso momento in cui avvengono. A volte i medici mi prendevano per matta ma io mi accorgevo di avere questi episodi al cuore: duravano qualche secondo, ma sentivo il cuore andare in fibrillazione.
Cosa ti comportava praticamente?
Non riuscivo a fare niente, a lavorare, mi mancavano le forze.
Sorprende, detto da una donna con così tanta energia.
L'operazione è arrivata anche in un momento strano, perché post-Covid avevo partecipato ad Arena Suzuki condotto da Amadeus, avevo partecipato alla trasmissione di Capodanno sulla Rai e mi sono dovuta rifermare.
Com'è nata l'idea di ritornare con un brano latino, da ballare?
All'inizio eravamo scettici, più che per la canzone per il periodo: farlo in autunno era abbastanza strano per me. Ma la musica latina è cambiata, non si balla solo d'estate, anzi. Però mancava qualcosa, mancavano i balli di gruppo come la Macarena, El Pam Pam, il Tipitipitero. La canzone è stata accolta molto bene, anche in Rai: infatti ho registrato già in alcuni programmi che usciranno e di cui non posso parlare.
Senti che i balli di gruppo, negli anni, siano stati un po' ghettizzati, rinchiusi solo in determinati contesti?
Sicuramente è una musica settoriale, a tal punto che esistono serate esclusivamente latino-americane, dove ci sono i balli di gruppo. Ma pensiamo anche quanto sia importante nelle scuole pubbliche, in cui si propongono balli di gruppo per fare attività tra i più piccoli. Insomma, quel tipo di sound è un elemento contagioso, in generale i balli di gruppo sono accattivanti.
Come ha reagito la tua famiglia al tuo ritorno musicale?
Gran parte della mia famiglia è in Costa Rica, ha un'estrazione contadina, non credo si rendano molto conto di questa cosa. Non credo abbiano compreso a fondo anche il successo che hanno avuto le mie canzoni negli ultimi 30 anni. Mia madre, che purtroppo adesso non c'è più, fino a pochi anni fa mi chiedeva quale fosse il mio lavoro, anche se ho fatto qualche trasmissione lì: non credeva che la musica fosse un lavoro sostenibile.
Invece com'è iniziato il tuo rapporto con la musica in Costa Rica?
Ho sempre voluto cantare, ma l'estrazione sociale della mia famiglia non mi permetteva di sognare in grande. Io lo facevo lo stesso, mi raccontavo delle favole in cui mi dicevo che sarei diventata famosa. E poi ci sono riuscita con la mia forza di volontà.
C'è qualche icona che seguivi all'epoca?
Raffaella Carrà, vedevo questa "biondona" che cantava e ballava e io a 11 anni speravo e pregavo di diventare così, di trovarmi con lei sul palco a cantare: pensavo fosse una cantante spagnola (ride ndr). Poi il destino mi ha portato in Italia, anche grazie ad alcuni incroci casuali nella mia vita e sono felice di aver scoperto che era italiana. Sono anche felice di essere stata adottata da un paese come l'Italia e di essere nata in un paese come la Costa Rica, che è l'unico al mondo a non avere un esercito. In questo momento storico, credo sia importante sottolinearlo.
Senti ancora il legame con il pubblico italiano?
L'Italia mi ha accolta benissimo e mi ha insegnato tanto: anche se mancano successi estivi da tanto tempo, faccio un sacco di concerti in estate qui. Non ho molta concorrenza nei balli di gruppo (ride ndr).
Quando sei venuta per la prima volta?
All'inizio, 30 anni fa, la gente mi rideva in faccia quando dicevo loro che avrei cantato il merengue. E allora ri-arrangiavo brani importanti come Volare: era una realtà comune anche con la musica classica.
Com'è cambiata la tua vita nel 1998, con i primi successi?
Sicuramente mi ha risollevato, non dovevo stare lì a pensare a come pagare le bollette. Anche perché non avevo una situazione molto semplice.
Cioè?
Io ho cresciuto da sola mio figlio, ho divorziato quando lui aveva 3 mesi. Ci ho messo 4 anni per riuscire a portarlo in Italia, ma per me è stata una grande soddisfazione. In seguito ha studiato e si è laureato ad Harvard, e ci volevano bei soldini per farlo studiare. Però è stato un ragazzo che non mi ha mai chiesto soldi per andare a mangiare una pizza, ma alle scuole elementari voleva i libri in inglese, che costavano molto all'epoca.
Quali sono gli altri cambiamenti nella tua vita?
Poche cose, magari non vado più a fare locali piccoli, ma in generale per me, quando sono sul palco, mi sento la star più grande del mondo, ovunque io sia. Mi diverto così.
E cantare in tv davanti a milioni di persone che effetto ti fa?
Non sento molto quel tipo di pressione, anche perché prima del successo già lavoravo con miliardari, in un periodo ho lavorato molto con persone ricche che facevano eventi privati.
Cosa ti chiedevano di cantare?
Eravamo in luoghi bellissimi, ho cantato anche durante alcuni bar mitzvah.
Cos'è cambiato col successo?
Quando sono diventata famosa dovevo andare a fare qualche serata nelle discoteche e magari c'era qualcuno che si drogava. Una volta mi chiesi se fosse tutto qua il concetto di successo. Poi ho organizzato un gruppo di ballerine e musicisti e siamo ritornati nei casinò, come a Saint Vincent, o anche in feste private e lavoravo molto bene.
Mi sembra che la discoteca non sia diventato il tuo luogo preferito.
le serate cominciano troppo tardi: io, alle due di notte, voglio già dormire.
E invece il tuo rapporto con la televisione?
Ricevevo un sacco di chiamate, ma non è che mi piacesse tanto: all'epoca ero giovane e non riuscivo a capire tutto.
Quali sono i programmi che ricordi con più affetto?
Io ho fatto Domenica In nel 2001 quando c'erano Mara Venier, Antonella Clerici e Carlo Conti, avevo uno spazio musicale tutto mio.
Qual era il rapporto con loro?
Tutti grandi professionisti, ero molto amica di Mara Venier anche se poi ci siamo perse di vista. Antonella Clerici mi ha invitato a cantare nel suo programma e mi ha accolto benissimo; sembrava che non fossero passati così tanti anni. Anche con Amadeus che è stato gentilissimo negli ultimi anni.
C'è stato qualche torto nella tua carriera?
Ho fatto un favore alla cantautrice spagnola Rosana, cantando la cover della sua El Talisman nella televisione italiana, ma poi l'anno successivo mi ha fatto fuori da una trasmissione. Da quel momento ho deciso che avrei cantato solo musica latina.
Cosa ha rappresentato per te entrare nella casa di tutti gli italiani in un momento così speciale, come il Capodanno?
Pelle d’oca. Ho fatto l’Arena di Verona, è magica di per sé. Tutti hanno potuto vedere l’energia che c'era e come hanno risposto alle mie canzoni: hanno ballato, si sono lasciati andare veramente. Io sono rimasta folgorata dall’entusiasmo, lo ricordo e lo porto tuttora dentro di me.
Cosa ti suscita pensare che le tue canzoni sono diventate le colonne sonore di intere generazioni?
Io ho 62 anni, anche se ne dimostro 40. Spesso mi trovo davanti uomini e donne che avevano 8-10 anni all'epoca e adesso sono adulti, in molti mi dicono che le mie canzoni li hanno fatti innamorare, ma li usano anche come canzoni per i propri bambini, come filastrocche per i figli. Poi ci sono i dj che se la tirano.
In che senso?
Anche se mi dicono che ho fatto la storia, non trasmettono la mia musica. Ma mi interessa di più che, anche grazie a me, sono nate delle scuole di ballo, che la musica latina abbia dato vita e valore a tante cose nella quotidianità di tante persone. Alla fine anche i dj, quando ci sono feste in cui c'è bisogno di allegria e sorrisi, mettono queste canzoni.
C'è qualche artista della nuova generazione che ti ha colpito?
Mi colpisce la musica, mai l'artista.
Cosa pensi dell'assenza di veri e propri tormentoni negli ultimi anni?
Capita che non ci siano canzoni, tormentoni, in qualche anno, ma negli anni passati ci sono state tante canzoni, anche italiane. Diciamo che i suoni latino-americani hanno contagiato anche l'Italia e c'è chi ha fatto un grande successo con questa cosa. Tutto questo soprattutto prima del Covid, addirittura c'erano molti artisti italiani che si lanciavano con lo spagnolo. Poi con la pandemia sono cambiate certe dinamiche.
Molti artisti del passato lamentano di aver avuto, negli anni, minore attenzione mediatica. Ti reputi tra queste?
No, assolutamente. Ti dirò, sono stata anche fortunata, e se si sono chiuse porte, me le sono chiuse da sola. Non cercavo nulla, non avevo voglia di fare nulla. È arrivato anche un momento di transizione, ma non è stato un trauma. Per esserci, bisogna avere un progetto valido da proporre e quando l'ho avuto, io sono sempre stata accolta bene.