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Betlemme, la grotta della Natività cade a pezzi

Inserita dall’UNESCO nell’elenco dei cento gioielli dell’umanità a rischio, avrebbe bisogno di interventi di restauro che non vengono eseguiti da oltre 150 anni. Gli appelli dei palestinesi all’Occidente sono caduti tutti nel vuoto.
A cura di Nadia Vitali
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Inserita dall'UNESCO nell'elenco dei cento gioielli dell'umanità a rischio, avrebbe bisogno di interventi di restauro che non vengono eseguiti da 150 anni. Gli appelli dei palestinesi all'Occidente sono caduti tutti nel vuoto.

Quando la Madonna e San Giuseppe vi giunsero, oltre 2000 anni fa, era solo un ricovero di fortuna in assenza di altro; di quella notte durante la quale il Messia vide la luce, deposto su una mangiatoia e scaldato dal tiepido fiato di un bue e di un asino, la grotta di Betlemme ha preservato il fascino, a dispetto dei secoli trascorsi, della basilica che è stata eretta su di essa, dei numerosi attacchi subiti, delle folle immense di pellegrini, fedeli e curiosi che, si sa, rendono le atmosfere sempre un po' meno magiche e un po' più chiassose.

Eppure oggi questo luogo di importanza fondamentale, non solo sul piano strettamente religioso ma soprattutto su quello storico, è in pericolo: muffa ed umidità stanno compiendo la loro perniciosa opera infiltrandosi nelle icone; l'acqua è penetrata ormai dal tetto e cola attaccando le travi lignee e i dipinti, quando non piove direttamente dal soffitto, obbligando i monaci a raccoglierla con l'ausilio di qualche secchio. L'intera struttura è fortemente a rischio a causa dell'incuria in cui versa da decenni, accompagnata da un flusso di visite imponente e costante nel tempo: da 150 anni non è stato eseguito alcun intervento di restauro.

Questioni politiche, senz'altro, hanno avuto un ruolo determinante nel condurre la Basilica della Natività allo stato di rovina in cui versa attualmente; per decenni Betlemme non è stata inclusa nella lista dei siti UNESCO considerati patrimonio dell'umanità in virtù del fatto che non avendo i palestinesi un proprio stato non potevano entrare a pieno titolo nell'ONU. Ma ormai i tempi sono maturi: dopo la giornata storica di ieri, in cui la bandiera palestinese ha sventolato sotto il cielo parigino dinanzi al quartier generale dell'UNESCO,  la sacra grotta meriterà sicuramente un occhio di riguardo in più.

L'ammissione della Palestina presso l'agenzia delle Nazioni Unite per la cultura, l'educazione e la scienza, potrebbe significare la candidatura di numerosi siti importanti, quali la città di Gerico e la tomba di Abramo ad Hebron, a godere dello status di patrimonio dell'umanità, il che significherebbe non soltanto un riconoscimento ed un sostanzioso aiuto nell'indirizzare i flussi turistici, ma anche e soprattutto la possibilità di conservare e restaurare.

Per il momento, per quanto possa sembrare paradossale, i soli che hanno finito per interessarsi alla sorte dei monumenti della cristianità in medio oriente, sono stati i leader musulmani dei paesi arabi come il Presidente dell'ANP Abu Mazen, i Re di Giordania ed Arabia Saudita, il sultano dell'Oman ed altri ancora, che tra promesse o reali donazioni, hanno comunque risposto agli appelli di chi chiedeva un aiuto per questo gioiello in rovina.

Certo, ora dall'UNESCO potrebbero arrivare fondi anche immediati: peccato che, però, gli Stati Uniti abbiano deciso di tagliare il proprio budget all'agenzia ONU, corrispondente al 20% del bilancio totale, come forma di protesta, non molto democratica, contro l'ingresso della Palestina tra i paesi membri. Non resta, dunque, che la fiducia nella volontà dei Paesi Arabi, gli unici che, a quanto pare, mostrano di voler collaborare per salvare la grotta dove nacque il Messia della Cristianità.

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