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“Berio Day” a Città della Scienza: troppe nostalgie e poche attività

Un evento inaspettato il “Berio Day” a Napoli, con la lectio magistralis del fisico e inventore Peppino Di Giugno. Un’iniziativa lodevole ma ancora poco propositiva e partecipata.
A cura di Luca Iavarone
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Il "Berio Day" arriva a Napoli, inaspettatamente. In un luogo dove la musica contemporanea non ha cittadinanza e dove le proposte di innovazione, la cura per il nuovo e la nuova musica e, soprattutto, la presa in carico della formazione di future generazioni di ricercatori è praticamente nulla, si commemora il grande genio del Novecento.

Luciano Berio, sperimentatore per eccellenza, simbolo di un'Italia ormai lontana, dove le istituzioni preservavano e custodivano gelosamente le maggiori strutture di innovazione a livello europeo, è stato un musicista e compositore dal profilo intellettuale altissimo. Con Bruno Maderna fondò nel 1955, persso la RAI di Milano, il primo studio di musica elettronica in Italia, lo Studio di Fonologia Musicale, dove poté sperimentare l'interazione tra il suono elettronico e quello acustico (in brani come Momenti, del '57, e Différences, del '59), ed esplorare, come mai prima d'allora, il rapporto tra suono e parola (Thema. Omaggio a Joyce, 1958, Visage, 1961). Dal 1974 al 1980 ha, invece, diretto il dipartimento elettroacustico dell’IRCAM di Parigi.

La straordinaria voce di Cathy Barberian lo instradò su ricerche inerenti all'espressività vocale (Epifanie, '60, Sequenza III per voce, '65), per farlo approdare, più tardi, a lavori teatrali complessi (come Passaggio, '62, e Laborintus II, '65). Dal '58 avviò la serie delle 14 Sequenze per strumenti solisti, un'esplorazione profonda delle risorse timbriche degli strumenti, con una scrittura virtuosistica al limite del funambolismo che mirava a spingere la tecnica oltre le tradizionali prassi esecutive, ottenendo, comunque, un felice effetto di amplificazione dell'espressività musicale.

La ricerca sullo spazio sonoro è senz'altro una sua altra caratteristica da segnalare, così come l'indagine del rapporto dialettico tra strumento e orchestra. Il tutto permeato da una enorme conoscenza della tradizione musicale mista alla consapevolezza della relazione inscindibile tra la sua arte e la poesia, il teatro, la linguistica, l'antropologia e l'architettura. Con Folk Songs (1964) rivide, riscrivendoli, i diversi repertori della musica popolare mondiale; tanti i suoi omaggi alla musica del passato: da Monteverdi (Il Combattimento di Tancredi e Clorinda), a Bach (Contrapunctus XIX), da Boccherini (Ritirata notturna di Madrid), a Mozart (Vor, während, nach Zaide), da Schubert (Rendering), a Brahms (Op. 120 N. 1), passando per Mahler (i due cicli di Frühe Lieder), e Puccini (il Finale di Turandot). In un lavoro come Sinfonia (1968) convivono felicemente, sovrapponendosi, i giganti del passato e le innovazioni più recenti. Sue le più importanti sperimentazioni radiofoniche mai condotte in Italia, con A-Ronne (1975) un radio-documentario per 5 attori, su testo di Sanguineti.

Il "Berio Day", l'incontro di mercoledì 19 giugno a Città della Scienza organizzato da Massimo Fargnoli, presidente dell'Accademia Musicale Napoletana Alfredo Casella, è stato un'occasione per fare, volenti o nolenti, il punto della situazione sulla disastrosa situazione napoletana. Nonostante la lectio magistralis di un ospite illustre, il fisico Peppino Di Giugno, inventore, negli anni '70, dei primi prototipi di sintetizzatori digitali all'IRCAM di Parigi, amico e stretto collaboratore di Berio e di Pierre Boulez, la proposta musicale della giornata è stata scarsa e la presenza di pubblico esigua. E con questo non vogliamo certo puntare il dito contro il disinteresse di una città che non è oramai proprio più educata all'ascolto e alla frequentazione dei luoghi della musica, ma bensì intendiamo appellarci alle istituzioni, più ancora che gli organizzatori, e interrogarle sull'opportunità, auspicata, di un intervento più radicale e deciso, che coinvolga le istituzioni musicali, le università e la cittadinanza tutta, offrendo soprattutto occasioni d'ascolto, prima che di discussione, e, cosa imprescindibile, si faccia carico finalmente della formazione di nuove generazioni di musicisti e appassionati di musica colta, affinché cessino le solite sparute lamentele nostalgiche e si costruisca un futuro di competente e diffuso amore per l'arte musicale.

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