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Beatrice Venezi, direttore d’orchestra: “In Allegro con fuoco racconto la musica classica”

In “Allegro con fuoco – Innamorarsi della musica classica” Beatrice Venezi, il più giovane direttore d’orchestra d’Italia, ha scelto la pagina scritta come mezzo di divulgazione della musica classica. Intervistata da Fanpage.it ha spiegato le ragioni della sua scelta, raccontando quanto sia difficile per le donne emergere nel mondo della musica classica.
A cura di Titti Pentangelo
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A "direttrice" d'orchestra preferisce "direttore". Al completo scuro gli abiti lunghi con pizzo e perline. Al dire sicuramente il fare. Beatrice Venezi, classe 1991, ha le idee ben chiare ed è soltanto all'inizio di quella che si prospetta una lunga e prosperosa corriera. Nata a Lucca, nella città di Puccini, era predestinata ad una vita all'insegna della musica. Eppure, non si è fermata lì. Dopo aver conquistato i palchi di mezzo mondo, il direttore d'orchestra donna più giovane d'Italia, inserito da Forbes tra i 100 under 30 più influenti al mondo, ha deciso di approdare anche sulla pagina scritta, pubblicando un saggio autobiografico dal titolo "Allegro con fuoco – Innamorarsi della musica classica" (edito Utet), in cui si rivolge a tutti quelli che pensano che la musica classica sia una cosa "noiosa" sfatando più di qualche pregiudizio.

Sei il più giovane direttore d’orchestra donna d’Italia. Ora hai pubblicato anche un libro. Come mai hai deciso di affidarti alla scrittura? 

Penso che sia necessario divulgare la cultura con ogni mezzo possibile, la scrittura è solo uno di questi. Per quanto riguarda la musica classica, vale la stessa cosa: bisogna farla conoscere in ogni modo, e sì, anche quello della parola scritta è utile. Ho deciso di scrivere "Allegro con fuoco" dopo una serie di esperimenti che ho condotto per capire se c’era interesse nei confronti di contenuti “altri” rispetto a quelli proposti oggi. Il primo esperimento sono state le Instagram Stories, attraverso le quali ogni settimana raccontavo la trama delle opere. Fin da subito hanno riscosso un certo successo. C’era curiosità. Ho fatto un secondo esperimento al Lucca Summer Festival. Nella città di Puccini, per il 160esimo anniversario del maestro, ho portato sul palco una sua opera. C’erano 5000 persone, di ogni età e estrazione sociale: è stato un successo.

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Secondo te perché la musica classica viene percepita come qualcosa di vecchio e noioso? Cosa pensi di fare per cambiare le cose? 

Il mondo della musica classica dovrebbe fare un mea culpa e prendere coscienza del fatto che la situazione attuale (sale vuote, età media molto elevata, la percezione da parte de giovani che sia qualcosa di difficile, superato e lontano), è dovuta al fatto che si è voluta relegare in un Olimpo qualcosa che era nato come popolare. L’opera lirica nasce in piazza, i teatri erano luoghi di aggregazione come adesso il cinema. Per intercettare il pubblico che è fuggito bisogna andare sui social, usare la radio, la tv, i libri. Credo sia necessario portare il mio personaggio, la mia passione e il mio lavoro su queste piattaforme, spiegando la musica classica a tutti nella maniera più semplice possibile.

In "Allegro col fuoco" parli soprattutto di uomini. Nel mondo della musica classica per le donne è molto difficile emergere, tu come vivi questa problematicità? 

Sì, è vero, per le donne è storicamente difficile emergere nel mondo della musica classica. Nel libro parlo delle sorelle e delle mogli celebri dei grandi compositori del passato che sono rimaste sconosciute. Oggi la situazione sta lentamente cambiando: ci sono delle giovani compositrici affermate che ho avuto modo di conoscere anche professionalmente lavorando insieme. Ci sono anche delle bravissime soliste e cantanti, musiciste con ruoli importanti nelle orchestre. Per i direttori d’orchestra è ancora un po’ complicato: il direttore nell’immaginario comune è il maschio alfa, colui che comanda il gregge. Io continuo a fare quello che voglio fare con passione e professionalità, senza affidarmi a pregiudizi di genere, credo che la competenza sia la chiave per superare ogni tipo di diffidenza, e questo vale in ogni campo.

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Nell’ultima parte del libro ti soffermi sul tuo ruolo. Cosa significa essere un “direttore senza frontiere”?

Senza limiti e senza frontiere in più accezioni.  Se parliamo della musica classica come genere, il mio ruolo è quello di diffondere una concezione di musica più ampia rispetto a quella attuale. Per me esiste solo la musica buona e non buona, con questa divisione ci sono più possibilità di comunicare ciò che è la musica classica. Se, invece, parliamo del ruolo di direttore d’orchestra bisogna dire che, prima di tutto, è un motivatore, poi un collettore dei diversi input che compongono il prodotto che va a proporre al pubblico. Visto che di base c'è una forte componente umana il lavoro della motivazione è fondamentale. Al di là della parte prettamente musicale, questo per me è il lato più interessante del mio ruolo, perché è una sfida continua. Con il pubblico cerco di fare da mediatore, provando a connettere mondi che sembrano apparentemente molto distanti, ma sono molto più vicini di quanto possiamo immaginare. Sono un punto di contatto, anche fisicamente, fra orchestra e pubblico. Attraverso di me passano le energie dell’uno verso l’altro e viceversa.

A questo punto la domanda è d’obbligo: cos’è la musica classica per te?  

Per me la musica classica è in assoluto la più alta espressione della musica. È il mezzo attraverso il quale posso pienamente esprimermi, in cui non sento nessuna costrizione e quindi la comunicazione di me stessa risulta totale, senza vincoli, esula addirittura dalla mediazione della parola. Personalmente, riconosco nella musica classica anche un valore di dialogo con un’altra dimensione, di interazione ideale, per quello che è possibile, con una dimensione superiore a quella tangibile. L’aspirazione alla perfezione intrinseca alla musica classica è, per me, il mezzo prediletto per il dialogo con Dio, perché si avvicina alla perfezione del divino.

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Descrivi l’incontro con la musica classica come "un colpo di fulmine". Hai mai pensato di trasmettere la tua passione insegnando musica?

Sì, in realtà ho insegnato pianoforte fino a pochi anni fa. I miei allievi erano sia bambini che adulti e riconoscevo nell’insegnamento un grande valore aggiunto, soprattutto per me. Dover spiegare qualcosa attraverso le parole mi dava modo di chiarire alcune cose anche a me stessa, oltre a darmi la possibilità di trasferire con freschezza dei contenuti troppo spesso veicolati con pesantezza, una cosa che non fa altro che allontanare i ragazzi dalla musica. Inoltre, dall’anno scorso ho iniziato a tenere dei masterclass di direzione d’orchestra: quello di novembre a Minsk all’Accademia di Stato della Bielorussia è stato una bellissima esperienza. Ad agosto ne terrò uno a San Benedetto del Tronto durante il festival Piceno Classica. Insegnare significa tramandare e trasmettere esperienza, conoscenza e passione, oltre ovviamente alla rielaborazione di dati tecnici. È una risorsa fondamentale anche per la divulgazione.

Azerbaigian, Canada e Giappone. Quali sono le prossime tappe del tuo tour e quale pubblico senti più vicino alla tua musica?

Le prossime tappe sono molte e serrate: la prossima settimana sarò a Toronto per l’Italian Heritage Month, il 21 giugno a Ravello. Poi, in Iran, dove sarò la prima donna occidentale a dirigere un’orchestra mista (generalmente in Iran è proibito). A luglio andrò a Tokyo per la seconda volta. Tra fine luglio e inizio agosto tornerò in Italia. L’affetto del pubblico è molto importante per me, mi fa sentire accolta e a casa dovunque io mi trovi. Sono stata molto sorpresa dall'accoglienza argentina, davvero molto calorosa. Poi c'è il pubblico di Lucca che mi accoglie sempre con particolare affetto e quello di Napoli dove grazie alla Nuova Orchestra Scarlatti mi sento sempre a casa.

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