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Barcellona sogna Dubai: il Mobilona Space Hotel

Un’isola artificiale a forma di astronave del futuro al largo della costa della Catalogna, con la torre più alta d’Europa, è l’avveniristico progetto di un consorzio multinazionale pronto a investire a Barcellona per il primo “albergo spaziale” del continente.
A cura di Clara Salzano
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Una torre di 300 metri di altezza, dotata di una galleria del vento verticale e primo centro benessere a gravità zero, 2.000 suite e residenze alberghiere, un centro commerciale aperto 24 ore al giorno e un porto turistico con parchi, piscine e spiagge, per un investimento inziale di 1,5 miliardi di euro, ecco i primi numeri dell’ultima idea targata America: un’isola artificiale al largo di Barcellona. Tra polemiche, interrogativi ed aspre critiche, per un’opera ancora del tutto immaginaria, la multinazionale a guida statunitense Mobilona ha presentato l’ambizioso progetto per il Mobilona Space Hotel, che fornirà una "altra esperienza mondana per chi desidera viaggiare in galassie lontane".

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L’hotel spaziale, progettato dall'architetto spagnolo Erik Morvan, sorgerà sulla più grande isola artificiale d'Europa, la Barcellona Island, e sarà collegato alla terraferma da un ponte pedonale e da un trenino sopraelevato. Prima di accedere al complesso alberghiero sarà possibile visitare il Planktonium, un parco acquatico con le forme di vita più strane degli abissi oceanici. L'idea di fondo del progettista è catapultare l'ospite in una specie di viaggio intergalattico con enormi schermi che rimandano immagini delle galassie più remote del nostro universo. Fra le attrazioni tecnologiche il corridoio dove è possibile sentire i battiti del proprio cuore, le app sul telefonino che permettono di governare tutto, dalla temperatura della stanza alle luci soffuse, da qualsiasi punto dello Space Hotel.

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Il progetto ha sollevato dubbi e sconcerto: per un paese che registra al momento oltre 6 milioni di disoccupati, il costo iniziale della realizzazione risulta essere una cifra consistente. Ma i finanziatori sostengono la ‘demarche verte’ della costruzione, che sarebbe ecosostenibile. Il CEO di Mobilona, Jerome Bottari, è inoltre fiducioso che il concetto di “hotel spaziale” sarà popolare e ha già svelato i piani per progetti simili a Hong Kong e Los Angeles. «Mobilona crea la miscela perfetta di design e tecnologia per simulare qualsiasi luogo della terra, o dell'universo.», ha dichiarato. In compenso, sul sito Barcelona Island è possibile già acquistare gli appartamenti del complesso del futuro: si va da 495mila euro fino a 20 milioni, ad eccezione del super attico di sei piani con piscina ed eliporto privato, che costa 70 milioni di dollari. Nel prezzo è compreso un posto barca per yacht da 200 metri. Per i comuni mortali, che oseranno prenotare solo una delle duemila stanze a disposizione, si va dai 300 ai 1500 euro a notte.

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I piani però sono già stati bloccati dal sindaco di Barcellona come "non in linea" con la sua visione per la città. Il primo cittadino, Xavier Trias, ha infatti espresso alcune obiezioni: «Non abbiamo intenzione di trasformare Barcellona in uno spettacolo. Non abbiamo bisogno o desiderio di affrontare progetti di questa natura. Siamo una città di cultura, di conoscenza, di creatività e di innovazione e il nostro progetto (per sviluppare la città) seguirà un percorso diverso.», pur lasciandosi la possibilità di dare la dovuta considerazione alla proposta. Non dimentichiamo inoltre che l'economia spagnola è attualmente massivamente stritolata dalle difficoltà finanziarie, e la sua industria delle costruzioni vive un periodo sicuramente molto difficile. Anche Dubai ha avuto progetti immobiliari simili e sono spesso naufragati.

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La storia recente di isole artificiali non è assolutamente solo una raccolta di successi. Il fallimento più forte e più costoso, e a carico del mondo, si è verificato proprio a Dubai. Il progetto World Island comprendeva 300 isolotti che hanno attirato l’attenzione di tutto il mondo. Anche Angelina Jolie, Rod Stewart e Naomi Campbell sono caduti nella tentazione di acquistare qui proprietà. Ma nel 2009 la crisi ha colpito l'emirato, e tutto ciò che è stato costruito a metà. Il capo del consorzio a guida del progetto si è suicidato dopo due anni. Lo stato attuale della struttura è lontano dal concetto idilliaco di quel mondo popolato solo da personaggi famosi. Dallo spazio, gli isolotti sono erosi, stanno cominciando a sprofondare e il debito è astronomico, senza considerare le critiche degli ambientalisti, secondo i quali la costruzione di questo enorme complesso a Dubai avrebbe avuto un impatto ambientale disastroso, contribuendo a rovinare la barriera corallina costiera.

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In Giappone nel 1994 è stato costruito l’Aeroporto Internazionale del Kansai, a Osaka, su di un'isola artificiale (4 km di lunghezza per 1200 m di larghezza) distante 3 km dalla terraferma. Il terminal, la cui copertura ricorda l'ala di un aereo, è stato realizzato su progetto di Renzo Piano con 21 milioni di metri cubi di cemento. Nella progettazione geotecnica però è stato sottovalutato il problema delle tensioni effettive, ossia del peso della enorme massa dell'isola artificiale, che scaricava sul fondo sabbioso dell'Oceano. Diversi accorgimenti sono stati progettati per scongiurare l'abbassamento che, al di là del pericolo marea, comporta un maggior rischio in caso di tifoni e tsunami. Dal 1990 l'isola artificiale è affondata di 8 metri e dal 2002 il cedimento annuo sembra essere arrivato a circa 17 cm l'anno [fonte Wikipedia]. Questa circostanza comporta anche notevoli costi di gestione legati alle condizioni statiche, infatti lo scalo di Kansai è uno degli aeroporti più cari del mondo.

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La storia dunque pare proprio non sia maestra di sostenibilità, né ambientale, né sociale. Clive Ponting, nel libro “Storia verde del mondo”, racconta e ricostruisce le vicissitudini del popolo che abitò l’Isola di Pasqua. La famosa Rapa Nui. Una storia esemplare , per quanto avvolta ancora in un alone di mistero, che Ponting usa come monito per l’umanità. Sostanzialmente gli abitanti dell’isola utilizzarono in modo talmente intensivo le risorse naturali, soprattutto per costruire le celebri statue, da desertificare in pochi anni tutto il territorio. Secondo gli studi fatti in loco e le ricostruzioni, quella di Rapa Nui era una delle società più avanzate dell’epoca. E dal passato arriva un’altra storia molto simile, riguarda la città ritrovata nel nord della Cambogia, ad Angkor, il più grande insediamento umano dell’era pre-industriale. Si parla di un’estensione di 1000 chilometri quadrati, la più grande mai registrata per una città antica, e una fitta serie di canali per l’irrigazione che le è valsa, sostiene il Manifesto, il titolo di “hydraulic city”. Ma gli studi evidenziano anche un altro aspetto: sebbene fosse un’opera di altissima ingegneria, proprio il sistema di irrigazione sarebbe stato alla base del declino della città. Le modifiche al terreno furono così estese da provocare grossi problemi ecologici, inclusa la deforestazione, l’impoverimento del suolo e l’erosione che hanno determinato l’abbandono della città.

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Ma, ciò nonostante, nel mondo continua a crescere la spinta alla creazione di isole artificiali. Gravi sono i loro danni agli ecosistemi marini: dragaggio del fondale oceanico per sollevare la sabbia, inquinamento, rumore, etc. «Le cose le realizzano così in fretta che non sappiamo cosa succederà», spiega Peter Sale, ecologista marino presso l'Istituto Universitario delle Nazioni Unite. La corsa all'accaparramento del mare potrebbe diventare un campo di battaglia. «Inoltre non esiste una legislazione che si occupi delle comunità galleggianti». Le opportunità sono infinite , come la realizzazione di utopie libertarie in cui non si pagano le tasse. Ma questa nuova frontiera è un territorio senza leggi né giuridiche né di salvaguardia ambientale, e il rischio del caos è in agguato.

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