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Caso Regeni, il giallo della foto: un bambino maneggia gli oggetti personali di Giulio

In una delle foto pubblicate dagli inquirenti egiziani si vede chiaramente un minore che afferra uno smartphone (quello di Regeni?) e tiene sulle gambe un vassoio con documenti dell’italiano.
A cura di Davide Falcioni
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Tra le fotografie che gli investigatori egiziani hanno pubblicato per dimostrare il presunto coinvolgimento di una banda criminale dedita alle rapine a scopo di estorsione nel sequestro e poi nell'omicidio di Giulio Regeni ce n'è una che desta non poche perplessità. Un'immagine infatti mostra in primo piano una tessera universitaria appartenente al ricercatore friulano tenuta tra le dita di una mano. A incuriosire è però quello che si può vedere sullo sfondo: una persona, apparentemente un bambino o comunque un individuo molto giovane, tiene sulle gambe un vassoio d'argento contenente effetti personali di Giulio Regeni: un passaporto e un portafogli. Due mani invece azionano uno smartphone. L'anomalia è stata sottoposta dal quotidiano britannico The Guardian all'attenzione degli investigatori egiziani. Che ci fa un bambino con gli oggetti personali di una vittima di omicidio? E quello è il telefono appartenente a Giulio Regeni? E' possibile che qualcuno, toccando quel telefono, abbia alterato prove preziose in un'indagine che non è ancora finita, almeno per la parte italiana? Hathem Fathy, un portavoce del Ministero degli Interni egiziano, ha insistentemente negato la presenza di minori sul luogo del ritrovamento degli oggetti. "Nessun bambino ha mai avuto accesso ai documenti di Giulio Regeni".

Caso Regeni, l'Egitto: "Abbiamo catturato gli assassini"

Il giallo sulla morte del ricercatore italiano è però tutt'altro che risolto e gli inquirenti di Roma sono determinati a non accettare verità "di comodo" fornite dall'Egitto, i cui inquirenti – solo nelle ultime 24 ore – sono stati protagoniste di almeno tre dichiarazioni e relative smentite. Ieri pomeriggio, infatti, fonti vicine ad ambienti investigativi avevano spiegato che cinque soggetti presumibilmente legati al delitto Regeni erano stati uccisi nel corso di uno scontro a fuoco con la polizia che stava indagando su una gang dedita al sequestro di persone. In serata era però arrivata la secca smentita per bocca del quotidiano egiziano Al-Shorouk: "Le indagini della Procura del Nuovo Cairo, presieduta dal Consigliere Sherif Abdel Meneim, hanno rivelato che la banda che è stata liquidata a El Tagamu El Khames non aveva rapporti con l'omicidio dello studente italiano". Caso chiuso, dunque? Neanche per sogno. Il Ministro degli Interni egiziano stamattina ha rivelato che i documenti dell'italiano sono stati trovati in una sacca all’interno di un appartamento abitato da familiari di uno dei componenti della banda, ucciso dalle forze di sicurezza. Secondo il governo Giulio Regeni sarebbe stato ucciso dagli uomini della gang  – eliminata ieri dalla polizia egiziana – perché si sarebbe ribellato al sequestro messo in atto dal gruppo.

Ma quanto c'è da credere a queste versioni? I morti non parlano, si sa, e la mattanza dei cinque presunti rapitori di ieri ha tutta l'aria di essere un escamotage per insabbiare il caso e chiudere in fretta le indagini.

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