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Zangrillo: “Nuovi focolai non hanno alcun significato”. Crisanti replica: “Pericolo non è finito”

“Non mi ero sbagliato, oggi tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli. I focolai di oggi vanno controllati e identificati, ma non equivalgono a focolai di malattia”, afferma Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele. Gli risponde il virologo di Padova, Andrea Crisanti: “Serve consapevolezza, il virus è ancora tra di noi e il pericolo non è finito”.
A cura di Annalisa Girardi
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Non tutti gli scienziati sono d'accordo sullo stato dell'evoluzione dell'epidemia di coronavirus nel nostro Paese. Ad esempio, a fine maggio il primario dell'Unità di terapia intensiva dell'ospedale San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo, aveva attirato su di sé molte critiche da parte della comunità scientifica, affermando che il virus "non esistesse più da un punto di vista clinico". Oggi, intervenendo alla trasmissione "Mezz'ora in più" su Rai Tre, torna a ribadire: "Non mi ero sbagliato, oggi tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli. I focolai di oggi vanno controllati e identificati, ma non equivalgono a focolai di malattia. Il virus c’è ma ha perso carica". Gli risponde il virologo Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di Microbiologia dell'Università di Padova, che afferma: "Il virus circola, ma con bassa carica virale, anche per il caldo secco. Su questo non ci sono dubbi, ma il problema è a lungo termine. Pericoloso è arrivare in autunno pensando che tutto è passato. Siamo nell'occhio del ciclone".

Ad ogni modo, Zangrillo non si dice preoccupato in merito ai nuovi focolai che si sono registrati in Italia, come quello di Mondragone: "Non hanno alcun significato per me. Ho parlato con Napoli, dove c'è stata la finale di Coppa Italia, ma non c'è un malato al Cotugno o al Monaldi". E ribadisce: "Non per essere faciloni e dire che il virus non c'è più, ma questo è andato incontro, nella sua interazione con l'ospite, a una perdita della carica rilevata in laboratorio. È un'evidenza a cui corrisponde una mancanza di malattia. Non posso dire che non torni tra qualche mese, ma gli indicatori sono tutti positivi".

Crisanti, che ha gestito il contrasto all'epidemia di Covid-19 in Veneto, non è d'accordo e chiede al governo di attrezzarsi per il prossimo autunno: una seconda ondata, dopo la bella stagione, potrebbe arrivare e non possiamo farci trovare impreparati, avverte il virologo. "Serve consapevolezza, il virus è ancora tra di noi e il pericolo non è finito. Siamo preparati a spegnere sistematicamente i focolai via via che si manifesteranno con l'autunno e l'inverno?", si chiede. E ancora: "Dobbiamo insistere, e incalzare il governo e le autorità regionali a essere preparati. Quello che è accaduto all'inizio dell'epidemia è in qualche modo perdonabile perché ci ha colto di sorpresa ma riprodurre la stessa situazione a ottobre-novembre sarebbe imperdonabile. E l'Italia non credo possa permetterselo".

Ma Zangrillo ribatte: "Il mio dovere è dire la verità agli italiani, che sono stati martoriati da ragioni differenti sul coronavirus. Sono disorientati. Solo un terzo del Paese è veramente ripartito, ora dobbiamo ripartire o moriremo di altro". E aggiunge: "Milioni di casi non vuol dire milioni di malati", in riferimento ai nuovi picchi che si stanno registrando in tutto il mondo, facendo arrivare i contagi a livello globale oltre la soglia dei 10 milioni.

Interviene poi anche l'epidemiologo della Northeast University di Boston, Alessandro Vespignani, che parla proprio della situazione negli Stati Uniti, il Paese più colpito dalla pandemia con oltre 2 milioni e mezzo di casi e più di 125 mila morti. L'evoluzione dell'epidemia negli States è molto eterogenea, spiega Vespignani, che commenta anche il dibattito in merito alla gestione politica nel Paese: "Non  è vero che dove ci sono repubblicani c’è l’epidemia", afferma.

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