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Vaccino antinfluenzale, Scotti (Fimmg): “Acquistate 17,8 milioni di dosi, ma sono insufficienti”

Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, la Federazione italiana medici di famiglia, ha fatto a Fanpage.it il punto della situazione sulla vaccinazione antinfluenzale in Italia: “Acquistate 17,8 milioni di dosi, ma sono insufficienti a coprire anche gli aventi diritto. Sistema di acquisti basato su gare regionali è pure follia, per questo alcune, come la Lombardia, sono in ritardo. Il vaccino anti-Covid? Serve piano di comunicazione chiaro e preparazione”.
A cura di Ida Artiaco
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A poco più di un mese dall'avvio delle campagne per le vaccinazioni antinfluenzali non solo in alcune regioni si procede a rilento ma le dosi a livello nazionale già acquistate, circa 17 milioni e mezzo, sono insufficienti a coprire anche solo la popolazione a rischio. È questo il primo bilancio, tutt'altro che positivo, che fa del vaccino antinfluenzale Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, la Federazione italiana medici di famiglia, che a Fanpage.it ha fatto il punto della situazione sul vaccino contro l'influenza, sulle regioni più virtuose e sul vaccino anti-Covid che, secondo esperti e politici, dovrebbe essere disponibile già entro la fine del prossimo mese di gennaio per operatori sanitari e categorie fragili. A non funzionare, secondo Scotti, sono prima di tutto le gare di acquisto dei vaccini stessi che avviene su base regionale e non nazionale.

A che punto siamo con il vaccino antinfluenzale in Italia?

Quest'anno le campagne per la vaccinazione antinfluenzale sono partite prima rispetto al 2019, almeno nelle regioni che hanno determinato per tempo le gare d'acquisto. Confrontando i dati dei nostri medici che abbiamo ottenuto dai primi 20 giorni di ottobre 2020 con quelli dei primi 20 giorni di novembre 2019, abbiamo notato un aumento della velocità dei vaccini in media erogati pari al 20-30 per cento nelle regioni virtuose, testimoniando anche una maggiore attenzione da parte dei pazienti. Tuttavia, se si considerano i dati a 30 giorni la situazione comincia a cambiare. Il vantaggio che avevamo ottenuto in realtà si sta assottigliando sempre di più. Sia perché evidentemente si sta completando la lista degli eventi diritto, ma anche perché, sulla base delle lamentazioni che arrivano al sindacato, c'è una crescente difficoltà che riguarda l'approvvigionamento dei vaccini stessi. In alcune regioni ai medici di base vengono consegnate 20 o 30 dosi a settimana, totalmente insufficienti se si considera che in genere questi numeri vengono completati in una sola giornata, facendo saltare molti meccanismi che i medici avevano predisposto di prenotazioni per l'accesso allo studio come misura anti-Covid. Se non siamo ancora arrivati ad eguagliare e superare i numeri dello scorso anno è perché in molte realtà siamo fermi.

Da cosa dipende questo stop?

Tutto dipende dalle gare d'acquisto, che in Italia avvengono da parte dei servizi sanitari regionali con procedure centralizzate, i quali poi redistribuiscono le dosi ai medici di famiglia. Il 5 aprile scorso partecipai alla trasmissione Che tempo che fa su Rai 1 con Fabio Fazio. Quando tutti parlavano di Covid, speculai sul fatto che ci stava distraendo sulle gare per l'acquisto dei vaccini. La Germania ha acquistato i vaccini a febbraio, noi abbiamo fatto le gare vaccinali a fine giugno quando il mercato internazionale era cioè già andato. È chiaro che noi abbiamo potuto pure acquistare qualche dose di vaccino in più ma siamo in coda alle consegne se queste vengono fatte in maniera frazionata rispetto a chi ha chiuso gare migliori. Immaginiamo la gara del Molise contro la gara della Germania. Noi le gare le facciamo regionali, ma questo sistema non funziona. Fare prevenzione così e non a livello nazionale o addirittura europeo, come per il Covid, è pura follia.

Quali regioni, dunque, lei reputa più virtuose?

Sono le regioni che si sono mosse prima per l'acquisto dei vaccini come Lazio, Puglia e Campania, insieme ad Emilia-Romagna e Toscana, che hanno anche richiesto delle dosi vaccinali in più. La domanda però è: ‘Siamo sicuri che queste non abbiano sottratto dosi ordinarie ad esempio alla Lombardia, alla Basilicata e all'Abruzzo, che invece si sono mosse per ultime?'. Proprio in Lombardia la situazione è critica, con code poco comprensibili. Sono state distribuite circa 24mila dosi, che sono niente per la regione che rappresenta il 20% della popolazione italiana e con il doppio dei pazienti aventi diritto rispetto ad altre, come la Campania, a fronte di una presenza di vaccini che non è neppure un decimo di quello che proprio la Campania ha già erogato. Siamo in forte ritardo.

Per i soggetti non considerati a rischio la possibilità di vaccinarsi è praticamente nulla?

Non solo. Noi abbiamo acquistato con gara pubblica più di 17,8 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale per gli aventi diritto, cioè per quelle categorie per le quali è raccomandata la vaccinazione, quindi persone sopra i 60 anni, soggetti fragili e operatori sanitari e bambini 6 mesi–6 anni. A quel punto le aziende farmaceutiche non hanno avuto più produzione da poter fornire alle farmacie per il mercato privato, destinato cioè a chi deve acquistarlo perché non rientra nelle "fascia protetta". Il dato finale è che le stesse aziende farmaceutiche hanno dovuto decidere se vendere al pubblico o al privato, con le farmacie che hanno alzato la voce. Tuttavia, queste ultime riceveranno delle dosi che però non sappiamo se siano eccedenti o se si stanno togliendo agli aventi diritto, un'operazione molto più politica che sanitaria. Nel secondo caso sarebbe una cosa grave. Secondo dati dell'Istituto superiore di Sanità relativi al 2016, i soggetti con malattie croniche in età avanzata sono 16 milioni in Italia. Se oggi abbiamo quasi 18 milioni di vaccini per 16 milioni di cronici, a cui si aggiunga il personale sanitario e di polizia e gli allevatori, ci rendiamo conto che non ce la facciamo a coprire tutti. Queste dosi sono insufficienti a coprire il 100 per cento del target.

Cosa ci può dire invece sul vaccino anti-Covid?

Qualcuno dice che entro fine gennaio arriveranno in Italia le prime dosi. Su questo credo che ci voglia una opportuna operazione trasparenza, che deve cominciare subito. La percezione che ho come medico di famiglia è che la pandemia sta creando un egoismo sanitario diffuso. Se non si punta su un modello di comunicazione serio per far capire alla popolazione come queste dosi saranno distribuite rischiamo rivolte sociali. Perché come ha detto il Lancet la pandemia si sta trasformando in sindemia perché impatta diversamente sulla base delle categorie sociali. Le prime dosi basteranno a malapena a coprire il personale sanitario, le forze di polizia e gli ottantenni. Non è ancora cominciata una discussone seria su questo aspetto. Non mi pare si stiano andando segnali di serenità alla popolazione. Entro l'estate dovremo vaccinare circa 50 milioni di italiani, con vaccinazione di massa senza precedenti per la quale dobbiamo essere preparati.

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