Utilizzato come bersaglio: albanese di 23 anni ucciso “per gioco”

Un crudele e mortale gioco terminato in tragedia. Nessun movente, nella tragedia che ha visto la morte del giovane pastore albanese Qamil Hyraj, di 23 anni, freddato da un colpo di pistola alla testa lo scorso 6 aprile nelle campagne dove stava badando al gregge a Torre Lapillo, una frazione di Porto Cesareo. Ad ucciderlo con un colpo esploso alla testa da distanza ravvicinata sarebbe stato Giuseppe Roi, di 31 anni, arrestato ieri, proprietario dell’azienda ovicola in cui il ragazzo lavorava e del quale era amico. Secondo la ricostruzione della Procura, l’indagato quella mattina stava sparando con un pistola calibro 22 contro un vecchio frigorifero, posizionato all'esterno della sua masseria. Come avrebbe già fatto altre volte, l'albanese in quel pericoloso gioco veniva usato come bersaglio da evitare per attestare la sua bravura.  “Il massaro sapeva che il pastore era li – ha spiegato in conferenza stampa il procuratore di Lecce,  Cataldo Motta – lo vedeva a poca distanza e quando ha sparato sapeva che avrebbe potuto colpirlo, per questo il reato che gli viene contestato è omicidio volontario e non colposo, perché l'omicidio non è stato un fatto fortuito ma Roi sapeva che poteva accadere". Per di più, sempre secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe fatto di tutto per nascondere la verità insieme al padre, Angelo, 68 anni, denunciato per simulazione di reato: l’anziano avrebbe tentato di depistare le indagini denunciando di avere subito un furto di pecore. La denuncia, era volta a fare ipotizzare che Qamil fosse stato ammazzato perché aveva sorpreso i ladri.