Uccisero i rivali in pieno giorno con i kalashnikov nel 2017, arrestati Scirpoli e La Torre della mafia Foggiana

Sono stati arrestati Francesco Scirpoli e Pietro La Torre (già al 41 bis) con l'accusa di aver ucciso Nicola Ferrelli e Antonio Petrella. L'omicidio è avvenuto ad Apricena (Foggia) nel giugno del 2017. Il delitto avvenne in pieno giorno su una strada provinciale: i due speronarono con un'auto il furgoncino sul quale viaggiavano le vittime e in tre spararono con kalashnikov e fucile a pompa. Le immagini dell'esecuzione furono riprese dalle telecamere di videosorveglianza.
Altri due componenti del commando (l'autista e uno dei killer) sono già in carcere. Le indagini del Sisco di Bari, della squadra mobile di Foggia e del Servizio centrale operativo sono state coordinate dalla Dda di Bari. Agli indagati sono contestati i reati di duplice omicidio volontario, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da guerra e armi comuni da sparo con l'aggravante del metodo mafioso.
Il delitto sarebbe stato commesso per agevolare il clan Lombardi-La Torre-Ricucci, nato da una rimodulazione del clan Romito, e l'organizzazione criminale Moretti-Pellegrino della "Società Foggiana", la mafia pugliese. Gli antagonisti erano parte del gruppo Di Summa-Ferrelli e l'obiettivo era acquisire il controllo delle piazza di spaccio sui territori di San Marco in Lamis e Apricena.
Le indagini sono partite grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno fornito informazioni di "notevole caratura" per le autorità. Indizi a carico dei due ora in manette erano già emersi nel corso degli accertamenti, ma le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno confermato quanto già scoperto con le indagini. Secondo il Procuratore di Bari, il duplice omicidio di Petrelli e Ferrelli fu un'azione militare atta a incutere timore ai residenti.
Stando a quanto ricostruito, le vittime furono "inseguite come prede" e addirittura sfigurate in volto. Volontà dei killer, secondo le autorità, era quella di lasciare un messaggio tramite un marchio, non consentendo neppure ai parenti l'identificazione e un funerale decoroso. Le indagini sono state difficoltose sia per l'efferatezza del delitto che per la zona nella quale si è verificato: molti cittadini, spaventati da quanto successo in pieno giorno, avevano infatti deciso di non parlare.
I killer non avrebbero avuto alcuna remora, certi che nessuno sarebbe intervenuto per fermare la mattanza. Alcune auto sarebbero infatti passate per strada senza fermarsi e nessuno avrebbe chiamato le forze dell'ordine per segnalare l'accaduto.
"Quando lo Stato trova la sua unità raggiunge i risultati. Non possiamo impedire gli omicidi – ha aggiunto il Procuratore di Bari, Roberto Rossi – ma chi li commette deve sapere che non è più il tempo dei delitti irrisolti". Su molti omicidi commessi nella provincia di Foggia, le autorità hanno iniziato a ottenere "diverse piste investigative" anche grazie alle testimonianze di collaboratori dello Stato dai clan del Foggiano e del Gargano.
"I collaboratori diventano collaboratori perché vengono indagati, arrestati e condannati" ha sottolineato il coordinatore della Dda Francesco Giannella. Il Questore di Foggia, Alfredo D'Agostino, ha affermato che lo Stato "c'è ed è costituito da persone valide". "Fornisce risposte concrete anche a distanza di anni – ha ricordato -. Avverto una punta di dispiacere quando rappresentanti delle istituzioni locali parlano di assenza dello Stato. Che invece è presente costantemente".