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Uccise il fidanzato con una coltellata, la lettera di Valentina Boscaro ai giudici: “Avevo paura”

Valentina Boscaro, condannata per l’omicidio del compagno Mattia Caruso, ha letto in aula una lettera di pentimento durante l’Appello bis a Venezia. La Corte le ha riconosciuto l’attenuante della provocazione, riducendo la pena da 20 a 17 anni di reclusione.
A cura di Davide Falcioni
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Valentina Boscaro, la 31enne accusata dell’omicidio del fidanzato Mattia Caruso
Valentina Boscaro, la 31enne accusata dell’omicidio del fidanzato Mattia Caruso

È stata acquisita agli atti del processo d’Appello bis la lettera scritta da Valentina Boscaro, la 34enne padovana condannata a 17 anni di carcere per l’omicidio del compagno Mattia Caruso, ucciso nella notte tra il 25 e il 26 settembre 2022 a Montegrotto Terme (Padova). Il documento, letto dalla donna davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Venezia lo scorso 30 ottobre, rappresenta un tentativo di spiegare il contesto emotivo e personale in cui maturò la tragedia.

Boscaro ha esordito con parole di resa e consapevolezza: "Mi trovo di fronte a voi con la consapevolezza che dovrò continuare a scontare la pena per un gesto tragico e irreversibile che, senza volerlo, ho compiuto. So che non c’è più spazio per ribadire che non ho mai voluto la morte di Mattia, ma accetto doverosamente la decisione che riterrete giusta".

Nella lettera, la donna ha chiesto ai giudici di considerare la paura che, secondo la sua versione, avrebbe provato in quei momenti: "Ero in auto con Mattia, lui guidava a folle velocità. Ho avuto paura per la mia incolumità". Ha poi evocato un passato di tensioni e presunte violenze, sostenendo di essere stata vittima di comportamenti aggressivi da parte del compagno: "In quell’auto mi sono riaffiorate alla mente le tante situazioni simili che avevo già vissuto: insulti, minacce, violenze fisiche, verbali e psicologiche. Tutte per mano di colui che, quella notte, ho irrimediabilmente aggredito. Non avrei mai dovuto farlo, non volevo che finisse così".

Nelle sue parole, il pentimento si mescola al senso di colpa: "Ho sbagliato e sono amaramente pentita. Ho tolto la vita a una persona giovane, ho distrutto la vita della sua famiglia, della mia e di mia figlia. Vi chiedo solo di non sottovalutare il contesto in cui tutto è avvenuto. Ho perso la testa, ma in quell’istante il ricordo delle violenze subite ha avuto il sopravvento".

Al termine dell’udienza, la Corte d’Assise d’Appello ha riconosciuto alla 34enne l’attenuante della provocazione, accogliendo in parte le argomentazioni della difesa. La pena è così passata da 20 a 17 anni di reclusione. Il nuovo giudizio d’Appello era stato disposto dopo l’intervento della Corte di Cassazione, che aveva annullato in parte la sentenza di primo grado chiedendo un riesame limitato alla valutazione delle attenuanti.

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