Uccise col Suv l’uomo che le aveva rubato la borsa, il legale: “Pregava in chiesa il giorno dell’arresto, è pentita”

È entrato nel vivo davanti alla Corte d’Assise di Lucca il processo a Cinzia Dal Pino, l’imprenditrice balneare viareggina di 66 anni accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la morte di Nourdine Mezgoui, cittadino marocchino senza fissa dimora di 52 anni, travolto e ucciso nella notte tra l’8 e il 9 settembre 2024 in via Coppino a Viareggio. L’uomo, che secondo la ricostruzione dell’imputata le aveva appena rubato la borsa, è stato investito dalla Mercedes Suv guidata dalla donna. Le immagini di una telecamera di videosorveglianza, che hanno ripreso l’intera scena, fecero il giro del Paese, trasformando la vicenda in un caso nazionale.
Nel corso dell’udienza del 7 novembre, sono stati ascoltati i primi testimoni dell’accusa, tra cui il medico legale Stefano Pierotti, gli operatori sanitari intervenuti sul posto, alcuni testimoni oculari e gli agenti della polizia scientifica. Pierotti ha spiegato che a causare la morte di Mezgoui fu “la rottura dell’aorta addominale per tre quarti della circonferenza”, provocata dal primo impatto con il Suv, avvenuto a una velocità di circa 10 chilometri orari. Secondo il medico, la vittima non morì sul colpo, ma sopravvisse per alcuni minuti, come dimostrano i fotogrammi del video in cui lo si vede rialzarsi prima che l’auto torni indietro più volte.
Il consulente tecnico del pubblico ministero, l’ingegnere Fabio Bernardini, ha ricostruito i movimenti del veicolo, confermando che dopo il primo urto Dal Pino avrebbe invertito la marcia per tre volte, passando nuovamente accanto al corpo dell’uomo. Nella sala d’udienza, durante la proiezione del filmato, è calato un silenzio profondo: l’imputata, presente in aula con la figlia, ha evitato di guardare le immagini.
Un elemento chiave emerso in udienza è stata la conferma dell’assenza di coltelli o armi in possesso della vittima, come invece la donna aveva sostenuto subito dopo l’arresto. Dal Pino era stata rintracciata il giorno successivo in una chiesa di Viareggio, dove pregava.
La sera della tragedia, la 66enne aveva cenato in un ristorante di via Coppino. La titolare del locale ha raccontato che, dopo l’incidente, la donna era tornata per restituire l’ombrello che le era stato prestato. Dalla sua testimonianza è emerso un dettaglio curioso: Dal Pino, seduta in auto, tentò di passarlo due volte dal finestrino senza accorgersi che era chiuso, un gesto che secondo la difesa testimonia lo stato di confusione mentale in cui si trovava.
L’avvocato Enrico Marzaduri, legale dell’imputata, ha ribadito che “Cinzia Dal Pino è una donna che non esterna facilmente i suoi sentimenti, ma prova rimorso per quanto accaduto, come dimostra il fatto che il giorno dell’arresto fosse in chiesa a pregare”. Il difensore ha aggiunto che “le consulenze tecniche hanno evidenziato un solo impatto certo, avvenuto a bassa velocità e in fase di frenata, e questi sono elementi fondamentali per valutare la componente psicologica durante l’incidente”.
Dalla parte opposta, gli avvocati di parte civile Gianmarco Romanini ed Enrico Carboni ritengono invece che le manovre successive non possano essere ignorate: “È vero che il primo urto è stato fatale, ma il video mostra quattro movimenti distinti dell’auto. Quegli impatti, anche se non letali, restano moralmente e giuridicamente rilevanti. Non possiamo dimenticare che tutto questo è accaduto per una borsetta.”
Le testimonianze raccolte hanno confermato la ricostruzione del pubblico ministero Sara Polino, che sostiene l’accusa di omicidio volontario con aggravante della crudeltà. Il processo proseguirà il 12 novembre, quando verranno sentiti nuovi testimoni, mentre per il 19 novembre è prevista l’udienza in cui potrebbe parlare la stessa imputata.