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Covid 19

Test, terapie intensive e medici: così un’Ong italiana combatte la terza ondata Covid in Africa

La Fondazione Magis, Ong italiana, sta dando un importante supporto alla lotta al Covid in Ciad, uno dei paesi più poveri dell’africa che rischia di essere travolto – come tutto il continente – dalla terza ondata: i cooperanti hanno aperto un laboratorio di analisi biomediche per esaminare i tamponi e tracciare i casi. Sono inoltre stati installati posti letto di terapia intensiva e si è puntato sulla formazione di 90 professionisti locali tra medici, biologi, tecnici di laboratorio e infermieri.
A cura di Davide Falcioni
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La diffusione dei casi di Covid-19 in Africa è "molto, molto preoccupante": a dirlo, venerdì scorso, è stato il responsabile delle emergenze presso l'OMS, il dottor Michael Ryan, spiegando che l'espansione di varianti più contagiose e un tasso di vaccinazione pericolosamente basso stanno piegando il continente: in molti paesi la terza ondata di contagi è da tempo cominciata mentre il numero dei vaccini somministrati è assolutamente insufficiente a mettere in sicurezza una popolazione di oltre 1,2 miliardi di abitanti. Secondo l’Africa CDC, al 18 giugno il continente aveva somministrato circa 35 milioni di dosi di vaccino anti-COVID-19, un numero inferiore persino rispetto alle dosi iniettate nella sola Italia.

Test e terapie intensive in Ciad grazie a una ONG italiana

In questo quadro determinante sarà il ruolo della comunità internazionale e delle case farmaceutiche: nell'ultimo G7 è stata annunciata la donazione di 2 miliardi di dosi ai paesi poveri – molti dei quali sono africani – mentre aumentano le dichiarazioni ufficiali a favore della sospensione dei brevetti sui vaccini. Nel frattempo, però, a sopperire alle mancanze della politica è l'impegno di organizzazioni umanitarie sia laiche che religiose: un esempio è rappresentato dalla Fondazione Magis, ONG dei gesuiti con sede a Roma che promuove attività di cooperazione internazionale che ha aperto un laboratorio di analisi biomediche utilizzato come strumento di lotta al Covid-19 e, insieme, come centro di ricerca e monitoraggio per le malattie tropicali – come la malaria, la tubercolosi, l’AIDS-HIV, le epatiti, la Chikungunya – che continuano a mietere vittime. Il progetto è stato avviato all’Ospedale universitario Le Bon Samaritain, situato a N’Djamena – capitale del Ciad, nel centro dell’Africa.

Il laboratorio si è specializzato in particolar modo sul tracciamento dei contagi ed è dotato di moderne attrezzature in grado di realizzare indagini sierologiche e tam­poni in tempi brevi. La fondazione Magis ha inoltre ampliato il progetto dedicato all’Ospedale con l’allestimento di un’unità di terapia sub intensiva (con 4 letti), la dotazione di attrezzature elettromedicali, la ristrutturazione di spazi adibiti alla formazione (sale universitarie e alloggi per gli studenti) e il supporto ai Centri nutrizionali infantili. Fondamentale è infine la formazione del personale sanitario locale: 90 professionisti tra medici, biologi, tecnici di laboratorio e infermieri, più 450 studenti universitari in Medicina. “La pandemia da Covid-19 – ha dichiarato il presidente di Fondazione, Ambrogio Bongiovanni – ha portato all’attenzione pubblica mondiale la salute come bene primario e universale da non affrontare con logiche localistiche. I Paesi ricchi del mondo devono riflettere sull’emergenza sanitaria che stanno vivendo in questo particolare momento storico capendo che è una situazione cronica in altri Paesi del mondo dove il diritto alla salute di base è negato a causa di povertà, guerra, sfruttamento e insensibilità internazionale. Il progetto del nostro laboratorio Ciad è un segno concreto di come sia possibile ridurre le distanze. Operiamo quindi ogni giorno affinché il diritto fondamentale alla salute di qualità per tutti diventi una priorità dell’agenda politica di ogni Stato, in accordo con il terzo obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile approvata dalle Nazioni Unite”.

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In Ciad 3 medici e infermieri ogni 10 mila abitanti: la soglia minima per l'OMS è di 23

In Ciad la prima ondata della pandemia da Covid-19, a marzo 2020, è stata drammatica, con i pochi ospedali pubblici totalmente impreparati a gestire l’epidemia. La seconda ondata, invece, è iniziata nel gennaio 2021 ed è stata più controllata grazie all'impiego di un numero maggiore di biologi capaci di diagnosticare la malattia ma anche all'impegno di alcune Ong che – come Magis – hanno fornito fin da subito assistenza in un paese dalla situazione sanitaria estremamente fragile in cui, anche prima del Covid, erano presenti appena 3 medici e infermieri ogni 10 mila abitanti mentre la soglia minima fissata dall'OMS è di 23: su una popolazione di oltre 16 milioni di persone, si contano solo 5 mila infermieri e solo 700 medici.

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