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Covid 19

Super focolaio nella casa di riposo Ramagnano, 22 morti, scattano gli arresti: “Gestione criminale”

Nicola Ramagnano e Romina Varallo, titolari della casa di cura “Casa Alloggio Ramagnano Nicola”, con sede a Marsicovetere (Potenza), sono stati arrestati per numerosi reati, tra i quali epidemia colposa. I due, secondo gli inquirenti che ne hanno ordinato l’arresto due giorni fa, avrebbero agito con «negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle ordinanze regionali e dei Dpcm volti a contrastare la diffusione del Covid-19 all’interno di strutture per anziani ove sono ospitati soggetti particolarmente esposti a rischio di contrarre il Covid 19 con esiti letali».
A cura di Francesca Lagatta
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Epidemia colposa. E' questa la principale accusa nei confronti di Nicola Ramagnano e Romina Varallo, rispettivamente titolare della casa di cura denominata "Casa Alloggio Ramagnano Nicola", con sede a Marsicovetere (Pz), e responsabile della sicurezza sul lavoro nella struttura, nonché gestore di fatto. I due, secondo gli inquirenti che ne hanno ordinato l'arresto due giorni fa, avrebbero agito con «negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle ordinanze regionali e dei Dpcm volti a contrastare la diffusione del Covid-19 all'interno di strutture per anziani ove sono ospitati soggetti particolarmente esposti a rischio di contrarre il Covid 19 con esiti letali».

Tra le accuse ci sono anche l'omicidio in conseguenza di altro reato e la falsificazione dei registri. Le indagini hanno consentito di appurare che gli aggiornamenti dei registri relativi agli ingressi nella struttura erano fermi a gennaio 2019, i dati sarebbero poi stati aggiornati solo in un secondo momento durante i mesi d'indagine. Al solo Ramagnano la procura di Potenza contesta anche la circonvenzione di incapace, «perché – è scritto tra le carte – approfittando della situazione di infermità» di un paziente affetto da psicosi cronica «al fine di procurarsi un profitto consistente in unità immobiliare e terreni agricoli, lo induceva a stipulare un contratto di mantenimento».

Sono stati 22 i morti per Covid-19

Le indagini risalgono al mese di settembre dello scorso anno. A creare l'allarme nella struttura è stata la morte sospetta di una donna, a cui sono seguiti i controlli dei Nas. Di lì in poi, gli inquirenti avrebbero accertato che altri anziani sarebbero morti in conseguenza dei comportamenti scellerati di Ramagnano e Varallo. Nelle carte è scritto che in seguito a tali condotte «seguiva la morte per Covid 19» di almeno 22 ospiti.

A sollevare ulteriori dubbi, c'è il collegamento di un focolaio in un'altra struttura della Brianza, registrato dopo il trasferimento di un uomo inviato da Ramagnano. Oltre all'acquisizione di atti e documenti, gli inquirenti si sono avvalsi delle testimonianze dei famigliari degli anziani, i quali durante gli interrogatori hanno confermato in gran parte una gestione della struttura che gli investigatori hanno definito «criminale».

I dettagli della vicenda

Secondo gli investigatori, la casa alloggio di Marsicovetere era gestita in modo totalmente illegale. E' emerso che nella struttura avrebbero alloggiato contemporaneamente tra le 42 e le 49 persone nonostante una capienza ricettiva autorizzata per sole 22 di esse. Le indagini hanno consentito di accertare, inoltre, che i locali medicheria palestra e camera ardente erano stati adibiti a stanze da letto per gli anziani in sovrannumero, «sistemati in totale promiscuità» anche su divani utilizzati anche come letti. Ed ancora, i gestori avrebbero accettato l'ingresso di ulteriori ospiti «senza preventivamente accertare l'assenza di infezione da Covid 19». Non solo, alcuni operatori sanitari risultati positivi, avrebbe continuato a permanere all'interno della struttura. Queste ed altre condizioni, avrebbero favorito il diffondersi della pandemia, che secondo i referti ha causato la morte di 22 persone.

Le testimonianze dei dipendenti

Ad inasprire il quadro accusatorio, ci sono, inoltre, anche le dichiarazioni di alcuni dipendenti della struttura potentina. Escussi dai Nas, che hanno condotto le indagini, hanno dichiarato «che all'interno della casa alloggio non vi era nessuno addetto al rilevamento della temperatura o termo scanner, neppure l'ombra di un termometro digitale laser infrarossi per rilevare la temperatura senza contatto». Agli stessi dipendenti, non avrebbero fornito alcun dispositivo di protezione individuale, come mascherine, guanti, tute, camici, visiere e occhiali di protezione, costringendoli a procurarseli autonomamente. Anche dal punto di vista dell'organizzazione sarebbe regnato il caos. Tra i dipendenti, infatti, «non vi erano compiti definiti, tutti si occupavano dell'assistenza e pulizia degli anziani, del riordino e pulizia delle camere e della cucina. L'epidemia si sarebbe diffusa anche per la mancata sanificazione degli ambienti. «A parte le loro opere di pulizia eseguite con candeggina, alcool e sgrassatore – si legge negli gli atti – i lavoratori non avevano mai assistito alla sanificazione da parte di ditta esterna».

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