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Stato-mafia, le motivazioni dei giudici: “La trattativa accelerò l’attentato a Borsellino”

L’invito al dialogo che i carabinieri fecero arrivare al boss Totò Riina dopo la strage di Capaci sarebbe l’elemento di novità che indusse Cosa nostra ad accelerare i tempi dell’eliminazione del giudice Paolo Borsellino. È quanto sostengono i giudici della corte d’assise di Palermo che hanno depositato le motivazione della sentenza sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
A cura di Susanna Picone
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Nel giorno del ventiseiesimo anniversario della strage di via d’Amelio la corte d’Assise di Palermo ha depositato le motivazioni delle condanne a Mori, De Donno, Subranni, Dell’Utri e dell’assoluzione per Mancino, nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. La sentenza è arrivata il 20 aprile scorso e i giudici hanno depositato le motivazioni – il provvedimento è di oltre cinquemila pagine – esattamente dopo 90 giorni. I giudici sostengono che l’invito al dialogo che i carabinieri fecero arrivare al boss Totò Riina dopo la strage di Capaci sarebbe l’elemento di novità che indusse Cosa Nostra ad accelerare i tempi dell’eliminazione del giudice Paolo Borsellino. “Ove non si volesse prevenire alla conclusione dell’accusa che Riina abbia deciso di uccidere Borsellino temendo la sua opposizione alla ‘trattativa' conclusione che peraltro trova una qualche convergenza nel fatto che secondo quanto riferito dalla moglie, Agnese Piraino Leto, Borsellino, poco prima di morire, le aveva fatto cenno a contatti tra esponenti infedeli delle istituzioni e mafiosi, – scrivono i giudici – in ogni caso non c’è dubbio che quell’invito al dialogo pervenuto dai carabinieri attraverso Vito Ciancimino costituisca un sicuro elemento di novità che può certamente avere determinato l’effetto dell’accelerazione dell’omicidio di Borsellino, con la finalità di approfittare di quel segnale di debolezza proveniente dalle istituzioni dello Stato e di lucrare, quindi, nel tempo dopo quell’ulteriore manifestazione di incontenibile violenza concretizzatasi nella strage di via d’Amelio, maggiori vantaggi rispetto a quelli che sul momento avrebbero potuto determinarsi in senso negativo”.

Il ruolo di Marcello Dell'Utri – Secondo la Corte un ruolo importante nella trattativa sarebbe stato svolto anche da Dell'Utri: "Con l'apertura alle esigenze dell'associazione mafiosa Cosa nostra, manifestata da Dell'Utri nella sua funzione di intermediario dell'imprenditore Silvio Berlusconi nel frattempo sceso in campo in vista delle politiche del 1994, si rafforza il proposito criminoso dei vertici mafiosi di proseguire con la strategia ricattatoria iniziata da Riina nel 1992”. E ancora scrivono i giudici: “Se pure non vi è prova diretta dell'inoltro della minaccia mafiosa da Dell'Utri a Berlusconi, perché solo loro sanno i contenuti dei loro colloqui, ci sono ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell'Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l'associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano”.

Il processo sulla trattativa Stato-mafia – Il 20 aprile scorso i giudici presieduti da Alfredo Montalto avevano condannato a dodici anni di carcere gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Otto anni all’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno, ventotto per il boss Leoluca Bagarella. Prescritte le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca e assolto dall’accusa di falsa testimonianza perché il fatto non sussiste l’ex ministro Nicola Mancino. Massimo Ciancimino, invece, è stato condannato a otto anni per calunnia nei confronti dell’ex capo della Polizia Gianni de Gennaro.

Mattarella: "Cercare la verità sulla strage di via D'Amelio" – “Onorare la memoria del giudice Borsellino e delle persone che lo scortavano significa anche non smettere di cercare la verità su quella strage”, è quanto ha detto il presidente Sergio Mattarella nel ventiseiesimo anniversario della strage di via D'Amelio. “A ventisei anni di distanza – ha continuato Mattarella – sono vivi il ricordo e la commozione per il vile attentato di via d'Amelio, in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina. Borsellino era un giudice esemplare: probo, riservato, coraggioso e determinato. Le sue inchieste hanno costituito delle pietre miliari nella lotta contro la mafia in Sicilia. Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, Borsellino è diventato, a pieno titolo, il simbolo dell'Italia che combatte e non si arrende di fronte alla criminalità organizzata”.

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