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Covid 19

Sebastiani (Cnr) spiega a Fanpage perché è presto per dire se abbiamo raggiunto il picco di Omicron

Giovanni Sebastiani (Cnr) a Fanpage.it sulla situazione Covid-19 in Italia: “Incerta, picco della percentuale dei positivi ai test molecolari superato ma è in atto una frenata che potrebbe portare ad un nuovo aumento. Scendono invece gli ingressi in terapia intensiva, il che si spiega con la variante Omicron”.
A cura di Ida Artiaco
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Parlare di picco dei contagi in Italia comporta un certo grado di incertezza, anche se numerose province lo hanno già raggiunto e assistono ad una discesa dei casi. Diverso il discorso delle ospedalizzazioni: gli ingressi giornalieri in terapia intensiva hanno oltrepassato il picco e sono in discesa, grazie anche alla maggiore diffusione della variante Omicron che porta a minori problemi polmonari. È questo il quadro tracciato a Fanpage.it da Giovanni Sebastiani, dell'Istituto per le Applicazioni del Calcolo "M.Picone", del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), della situazione Covid-19 in Italia, stando ai dati degli ultimi giorni.

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Professor Sebastiani, quando arriverà il famoso picco dei contagi in Italia? 

"La situazione è incerta, perché quello che dicono i dati a livello nazionale è che, per quanto riguarda la percentuale di positivi ai test molecolari, la curva sta discendendo, abbiamo raggiunto un picco intorno al 6 gennaio. La curva media dunque è in calo però è in atto una frenata della discesa che potrebbe preludere a una stasi e un nuovo aumento. Una cosa qualitativamente analoga si vede a livello provinciale perché in numerose province c'è una stasi dell'incidenza che segue alla discesa e quindi questo di nuovo potrebbe preludere ad un aumento. È critico perché abbiamo iniziato da 10 giorni l'attività scolastica quindi ci vuole un'altra settimana per vedere quantitativamente che effetti ci saranno. Col vaccino le cose potrebbero cambiare rispetto a un anno fa quando ci fu un'impennata dei casi, ma bisogna tenere presente che la copertura dai 5 agli 12 anni è inferiore al 15% e nella fascia dai 12 ai 19 è inferiore all'80% per altro con una minoranza di terze dosi che con Omicron sembrano essere necessarie".

A quali province si riferisce, nello specifico?

"Ce ne sono diverse in Emilia Romagna e in Liguria, ma anche Roma, così alcune in Lombardia e Abruzzo che dopo aver raggiunto un massimo e aver avuto una discesa si stanno stabilizzando. Altre invece sono in crescita lineare, come Gorizia e Reggio Calabria".

Un trend, dunque, che si va consolidando…

"La situazione è certamente confermata anche da analisi a livello europeo. Regno Unito e Grecia hanno passato il picco dei positivi totali, che arriva quasi sempre dopo quello relativo alla percentuale di positivi ai test molecolari, sono in fase di discesa, ma anche lì si tratta negli ultimi giorni di un calo frenato. Stessa cosa in Francia: dalla mia analisi delle differenze settimanali si vede che si era raggiunto il picco, ci si aspettava la discesa e invece c'è stata una impennata, bisogna stare attenti con questa situazione".

Cosa succede, invece, per quanto riguarda la situazione negli ospedali?

"La discesa degli ingressi giornalieri in terapia intensiva è cominciata una decina di giorni fa. A livello di occupazione nei reparti, il tasso medio di crescita delle terapie intensive si è abbattuto, la curva è quasi piatta. Alcune regioni addirittura mostrano un decremento, come ad esempio Veneto e Umbria. È meno marcata la diminuzione del tasso di crescita giornaliero per i reparti ordinari. Possiamo dire che, tra gli indicatori disponibili, gli ingressi in terapia intensiva sono quelli che misurano quanto la circolazione del virus impatta sulla pressione ospedaliera, e hanno raggiunto il picco e ora stanno scendendo. Il che si spiega col fatto che la variante Omicron, diventata prevalente in Italia, induce una sintomatologia diversa dalla Delta con un interessamento polmonare inferiore e quindi con una necessità di ricovero in terapia intensiva più bassa. Omicron è più diffusiva e meno aggressiva, ma non dobbiamo dimenticare che in termini assoluti negli ultimi sette giorni abbiamo avuto una media del numero dei decessi quotidiani superiore a 300, quindi occorre mantenere cautela".

Cosa dovremmo aspettarci per le prossime settimane?

"L'atteggiamento generale deve essere di cautela. Prendiamo quello che sta succedendo nel Regno Unito che sta allentando tutte le già blande misure restrittive: dal primo giugno 2021 al 20 gennaio 2022 ha avuto mortalità totale di circa 39 decessi ogni 100mila abitanti, il 50% in più dell'Italia che ne ha avuti 27 circa. Questo per dire che si paga un prezzo per quel tipo di strategia. Dal mio punto di vista bisognerebbe adottare un atteggiamento di prudenza. Anche perché si tratta di stringere i denti fino alla primavera. Sono abbastanza convinto che le vaccinazioni, l'effetto cumulativo di Omicron con l'immunità naturale che induce, combinate con la naturale mitigazione dell'epidemia dovuta alla stagionalità, porterà ad una situazione molto migliore. È possibile che Omicron metta fine alla pandemia ma ci sono comunque una serie rischi, dovuti soprattutto a possibili nuove varianti resistenti ai vaccini".

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