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Sconfiggere il tumore al seno con la fotografia e una parrucca rosa: la storia di Francesca Tilio

“Nasco il 5 aprile del 1975. A 31 anni scopro di avere un cancro al seno”. Intervista all’artista Francesca Tilio, diventata fotografa dopo avere scoperto di avere un tumore. Per anni si è fotografata con indosso la parrucca regalatale dai colleghi per via della chemio e l’abito rosa appartenuto a sua madre. Oggi che è madre di Dora, 9 anni, dopo avere esposto le sue fotografie in Italia e all’estero vuole regalarle agli ospedali affinché le pazienti tornino a credere che dal tumore seno si può guarire. Perfino rinascere.
A cura di Stela Xhunga
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“Nasco il 5 aprile del 1975. A 31 anni scopro di avere un cancro al seno. Mi operano d’urgenza, poi la chemioterapia mi fa cadere tutti i capelli, così mi regalano una parrucca rosa, la indosso, mi piace. Da quel momento inizio a scattarmi fotografie con indosso la parrucca e il vestito rosa di mia madre, il primo ricordo della mia vita. In tante foto lo indossa con me piccolissima in braccio”.

La voce di Francesca Tulio, fotografa e performer, è calma, gentile. Da quando ha dato vita a Pink Project, il progetto a sostegno della campagna nastro rosa della LILT (Lega Italiana Lotta ai Tumori) sa che ad ottobre, mese dedicato alla prevenzione, le sue foto appaiono qua e là. Quando iniziò a scattarle non immaginava quello che sarebbe accaduto poi. La stampa delle fotografie attraverso un crowdfunding, il sodalizio con la LILT, le mostre itineranti di un progetto che gira l’Italia, va all’estero, attira migliaia di donne che partecipano alle mostre dove indossano il caschetto rosa, che di colpo livella le loro differenze sociali, i loro background, in virtù di un'esperienza che le accomuna. Perché la malattia se non altro ha questo, è “democratica”. “Tutte le persone hanno uguale dignità e nella malattia questo diventa più evidente”.

Al di là di ogni previsione medica, Francesca è diventata madre di una bambina, “si chiama Dora, come mia nonna, oggi ha 9 anni e fin da quando è nata, anzi, fin da quando era in grembo, è documentata nella sua crescita”. E Dora come vive la cosa? “Lei sa che in viaggio facciamo queste foto ed è contenta, come pure partecipa ad ogni convegno o iniziativa contro il tumore al seno a cui partecipo”.

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I progressi della scienza rispetto alla diagnosi e alla cura del cancro al seno hanno abbattuto di molto la mortalità del tumore al seno, oggi sopravvive infatti fino all’87% delle donne a 5 anni dalla diagnosi. L’attenzione deve però rimanere alta perché la malattia colpisce circa 55.000 donne in Italia ogni anno, una su otto nell’arco della vita, confermandosi come il tumore più diffuso nel genere femminile. Un esame come la mammografia non previene la malattia, cioè non protegge dal tumore, ma permette di diagnosticarlo in anticipo e di guarirne, come ha fatto Francesca. Senza l’insopportabile retorica della donna “guerriera”.

“Mi hanno tirato spesso dentro gruppi di ‘donne guerriere’ ma io non mi sento proprio così. Ognuno ha la propria personale modalità di digerire il problema, affronti le cose con ciò che hai, i tuoi strumenti la tua personalità. C’è chi affronta piangendo, chi parlando. Qualcuno ha crolli psicologici dopo essere guarito… Siamo tutti guerrieri e nessuno è guerriero”.

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Le fotografie di Francesca colpiscono per la composizione, la cura dei dettagli e una certa femminilità, po’ pop, un po’ retrò. In nessuno degli autoritratti però Francesca sorride. “Non mi piacciono le foto con le grandi risate. Quando non sorridi sei come nella tua vita reale, nelle fotografie i sorrisi sono pose. Sono un’amante della messa in scena, curo la posizione delle mani, dei piedi, la luce, la location, che certe volte è folgorante, certe altre bisogna cercarla per ora, ma il viso è reale, come la malattia che mi ha portato alla fotografia”.

Una volta guariti, però, il rischio è di rimanerci intrappolati mentalmente. Per questo Francesca ha deciso che non esporrà più le sue fotografie. Niente più mostre. “Mi sono sentita appesantita, in qualche modo esporre significa tornare sempre attuale la malattia. A un certo punto devi cambiare strada per darti nuova energia”. E tramite Fanpage.it lancia un appello: “vorrei regalare  le mie opere agli ospedali, italiani o stranieri, non mi importa, l’importante è che donne che stanno attraversando quello che ho attraversato io le guardino e sappiano che si può uscirne. Mi piace l’idea che quel soggetto ritratto in foto, fantastico, che quella me che racconta una storia di rinascita, dopo avere tanto peregrinato, si fermi nelle corsie di qualche ospedale”.

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