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Saluto fascista ai funerali, Tribunale assolve 22 esponenti di CasaPound: “Non è reato”

Il saluto fascista davanti alla bara di un defuntolo no è reato , lo ha stabilito il giudice del Tribunale di Sassari, Sergio De Luca, assolvendo 22 esponenti di CasaPound accusati di violazione della legge Scelba per aver inscenato il gesto durante le esequie del docente universitario Giampiero Todini.
A cura di Antonio Palma
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Fare il saluto fascista davanti alla bara di un defunto che lascia la chiesa dopo i funerali non costituisce reato, lo ha stabilito il giudice del Tribunale di Sassari, Sergio De Luca, assolvendo 22 esponenti di CasaPound accusati di violazione della legge Scelba per aver inscenato il gesto durante le esequie del docente universitario Giampiero Todini. I 22 imputati si erano esibiti nella cosiddetta chiamata del “presente” e, dopo essersi messi in riga come militari sul sagrato della  chiesa davanti alla bara ricoperta con una bandiera della Repubblica Sociale Italiana, avevano reso omaggio al feretro facendo il saluto romano. Un gesto ripetuto a più riprese con il braccio destro sollevato e rispondendo con il grido "Presente" al richiamo "Camerata Giampiero Todini".

Una scena che era sta anche ripresa anche con i telefonini e pubblicata su Facebook e che non era passata certo inosservata, attirando critiche e proteste. La Procura di Sassari aveva subito avviato le indagini e chiamato in giudizio 22 imputati con l’accusa di violazione dell’art. 5 della Legge Scelba che punisce "chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista". L'accusa aveva chiesto la condanna per tutti gli imputati a 2 mesi di reclusione, 100 euro di multa e interdizione ai pubblici uffici per la durata della pena ma il giudice monocratico di Sassari ha accolto le richieste della difesa assolvendo tutti "perché il fatto non sussiste".

Durante il processo le difese avevano ribadito a più riprese che il saluto fascista era stato un gesto che esaudiva il desiderio espresso dal defunto prima di morire, e non celava nessun intento di inneggiare al partito del Duce.  Durante il dibattimento era intervenuto in aula anche Luigi Todini, imputato e figlio del docente universitario scomparso, che nelle sue dichiarazioni aveva rimarcato che il padre “quando era cosciente e ancora in vita, più volte aveva espresso il desiderio di essere salutato, per l’ultima volta nell’abbandono della vita terrena, con l’omaggio della chiamata del “presente”, rito che si svolge richiamando il nome del defunto, a cui i partecipanti rispondono coralmente con il termine “presente”, significandone la permanenza e vicinanza, seppur in spirito, tra quanti hanno condiviso con lui, durante la vita terrena, l’appartenenza ad una comunità ideale”.

L'uomo aveva spiegato che si trattava di “un fatto circostanziato a quell’occasione, ed in alcun modo sussisteva una volontà apologetica di un periodo storico, né tantomeno esisteva una volontà di inneggiare al disciolto partito fascista. È stata solo ed esclusivamente una cerimonia di commiato nei confronti di un defunto”. Dopo la sentenza di oggi lo stesso Todini ha commentatao: "La decisione  del giudice rappresenta la conferma che la libertà di opinione e la libera manifestazione del pensiero siano valori costituzionalmente garantiti. La giustizia ha fatto il suo corso"

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