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Rovigo, epatite C da trasfusione infetta: dopo 60 anni, il Comune condannato a pagare 675mila euro

Una donna contagiata da epatite C nel 1967 per una trasfusione all’ospedale di Rovigo ottiene giustizia: dopo 60 anni, il Comune e il Ministero della Salute chiudono la causa con un risarcimento di 675mila euro. Il giudice ratificherà l’accordo il 22 maggio.
A cura di Biagio Chiariello
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Immagine di repertorio
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Sta per giungere a conclusione una vicenda giudiziaria che si trascina da tempo immemore e che affonda le sue radici in un fatto drammatico avvenuto quasi sessant’anni fa. Si tratta della causa civile per il risarcimento danni intentata da una cittadina contro il Comune di Rovigo, ritenuto corresponsabile, insieme al Ministero della Salute, della trasmissione dell’epatite C a seguito di una trasfusione di sangue infetto somministrata presso l’ospedale rodigino nel lontano 1967.

All’epoca dei fatti, infatti, la struttura ospedaliera era gestita direttamente dal Comune, motivo per cui Palazzo Nodari è stato chiamato in giudizio insieme al dicastero ministeriale. Dopo anni di battaglie legali, verifiche, accertamenti sanitari e documentali, le parti in causa hanno ora trovato un accordo: lunedì scorso, durante il consiglio comunale, l’assessore al Bilancio Giuliana Bregolin ha comunicato ufficialmente che è stato sottoscritto un accordo transattivo che pone fine alla controversia.

Un risarcimento da 675mila euro: 335mila a carico del Comune di Rovigo

L’intesa prevede il versamento complessivo di 675mila euro a favore della donna che, dopo un percorso di accertamenti sanitari iniziato nel 2014, è riuscita a collegare le sue gravi condizioni di salute alla trasfusione di sangue infetto ricevuta nel 1967. Di questa somma, 335mila euro saranno corrisposti dal Comune di Rovigo, mentre i restanti 340mila euro saranno a carico del Ministero della Salute. La transazione sarà presumibilmente ratificata in via definitiva il prossimo 22 maggio dal Tribunale civile di Venezia, competente per questo tipo di contenzioso. Salvo colpi di scena dell’ultima ora, si potrà così parlare di una chiusura ufficiale della causa.

Un'infusione di sangue all'origine dell'infezione da epatite C

La controversia ha preso il via formalmente nel 2020, quando l’allora cittadina – assistita legalmente dall’avvocato Alberto Cartia – ha citato in giudizio sia il Comune che il Ministero, dapprima al Tribunale civile di Rovigo e successivamente a quello di Venezia. Alla base dell’azione legale c’erano le risultanze di una serie di indagini cliniche che avevano permesso alla donna di risalire, con precisione, alla trasfusione incriminata. Un’infusione di sangue ritenuta contaminata e che – secondo le perizie mediche – sarebbe all’origine dell’infezione da epatite C.

Vista la delicatezza del caso e le sue implicazioni legali e sanitarie, l’intero procedimento è stato trattato con il massimo riserbo. In via cautelativa, il Comune di Rovigo aveva già provveduto ad accantonare un milione di euro dal proprio fondo contenziosi, come previsto dalla normativa vigente in caso di potenziale soccombenza giudiziaria.

Le critiche dell’opposizione e le risposte dell’amministrazione

La vicenda, nonostante la riservatezza, è arrivata comunque sotto i riflettori del consiglio comunale, suscitando interrogativi e polemiche da parte delle opposizioni. Il capogruppo Palmiro Franco Tosini, che aveva effettuato un accesso agli atti per ottenere chiarimenti, ha lamentato la presenza di troppi dati oscurati (“omissis”) nel fascicolo visionato. A lui si è aggiunta la capogruppo Elena Biasin, che ha criticato la giunta per non aver messo gli atti a disposizione dei consiglieri in modo trasparente: “Non si può liquidare la questione con un semplice ‘andateveli a vedere’ dopo l’approvazione della delibera”, ha dichiarato.

Alle proteste ha risposto la segretaria generale del Comune, Michela Targa, spiegando che “lo schema di transazione è stato sottoscritto venerdì con tre firme. Ieri (lunedì, ndr) doveva essere apposta l’ultima firma. Il documento può essere consultato dai consiglieri, ma nel rispetto della riservatezza del caso”. Targa ha poi chiarito che, una volta completato l’iter con la determina di liquidazione, si attenderà l’udienza del 22 maggio, auspicando che il giudice “prenda atto della cessazione della materia del contendere”, cioè del superamento del conflitto grazie all’accordo stragiudiziale.

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