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Roma, gli impiegati che cancellavano le multe: “Anche quelle dei deputati”

Migliaia i verbali stracciati da due funzionari dell’Ufficio contravvenzioni di Roma, poi arrestati, a numerosi privilegiati della Capitale. Multe cancellate anche ai deputati, come emerge dall’interrogatorio dell’impiegata indagata: “Con loro vorrei smettere, mi chiamano a casa, vogliono questo e quello”
A cura di Biagio Chiariello
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Per non pagare le multe bisognava rivolgersi a loro. Unico dettaglio: a chiedere la cancellazione doveva essere qualche autorità. Sarebbero migliaia le sanzioni "vip" sparite grazie all'intervento di due impiegati comunali dell'Ufficio Contravvenzioni di via Ostiense. Per questo motivo lo scorso maggio sono finiti agli arresti Tiziana Diamanti, 49 anni, di istanza presso l'ufficio Contravvenzioni, e Angelo Vitali, 62 anni, funzionario di polizia locale e vicedirettore del dipartimento Risorse economiche (da cui dipende l'Ufficio contravvenzioni). Oggi è il Mattino a rivelare nuovi dettagli sullo scandalo che ha travolto l'ufficio dell'amministrazione capitolina, citando le parole della Diamanti nell'interrogatorio dello scorso 9 maggio dinanzi ai pm:

La Diamanti racconta ai magistrati che dal 2000 era diventata la referente della Camera dei Deputati: doveva occuparsi dei ricorsi alle contravvenzioni che, per legge, nel caso degli organi istituzionali possono essere archiviate, in base all'articolo 4, con dicitura ‘improcedibile'. La situazione, però, era sfuggita di mano, spiega l'indagata: "A un certo punto non ce la facevo più, ho detto: guardate io con la Camera dei Deputati vorrei smettere, perché mi chiamano a casa, vogliono questo, quell'altro".

Non era necessaria alcuna istruttoria e alcun controllo per cassare le contravvenzioni. Bastava "la qualifica del contravventore – spiega l'indagata – che automaticamente i ricorsi venivano archiviati" senza controlli: "Parliamoci chiaro – continua la Diamanti – è un canale privilegiato".

Dal 2011 i ricorsi non venivano nemmeno più inviati in Prefettura: ma direttamente cestinati. La Diamanti – scrive il Mattino – ha spiegato di aver obbedito all'ordine che le era stato impartito dal suo superiore, Angelo Vitali che, interrogato a Regina Coeli il 31 maggio, ha sostenuto di aver semplicemente fatto un favore al Prefetto: nel 2011, "il Prefetto mi ha detto: dato che gli archivi sono sotto sequestro, dato che mi sono crollati degli archivi, fammi la cortesia di non trasmettermeli perché tanto sono tutti articolo 4, sono organi istituzionali".

Il fatto è che nel cestino ci sono finite le multe anche di privati cittadini e non solo privilegiati, che così, inconsapevoli, hanno evitato di versare soldi nelle casse del Comune:

L'indagato ha raccontato di aver scoperto l'inghippo facendo un controllo: "Dentro quelle liste c'erano soggetti che non dovevano andarci". Come i fratelli Bernabei, gli imprenditori di Trastevere che hanno denunciato taglieggiamenti da parte di quattro vigili ora sotto processo. Erano stati inseriti, come altri privilegiati, perché sul loro ricorso figurava quella che gli inquirenti definiscono una "pezza d'appoggio": una dichiarazione istituzionale, o un contrassegno comunale, che nessuno aveva controllato. Vitali fa un esempio: bastava che un commissariato dichiarasse "che la vettura sanzionata veniva utilizzata per indagini di polizia giudiziaria. Il Prefetto in quei casi archivia".

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