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Rogo Thyssen, dopo 12 anni le famiglie chiedono ancora giustizia: “In galera tedeschi assassini”

La rabbia e il dolore dei familiari dei sette operai morti dodici anni fa nel terribile rogo della Thyssen. “È disumano aspettare 12 anni per avere giustizia” hanno sottolineato durante la cerimonia di commemorazione che si è svolta oggi a Torino alla presenza del sindaco Chiara Appendino e delle autorità.
A cura di Antonio Palma
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“Speriamo che i maledetti tedeschi assassini siano buttati in galera. E vogliamo anche sapere perché gli assassini italiani siano già fuori”, è il grido di dolore di Laura, sorella di Rosario Rodinò, uno dei sette operai morti dodici anni fa nel terribile rogo della Thyssen. Parole di rabbia nell'anniversario della tragedia dettate dai risultati del percorso processuale a carico di dirigenti e amministratori del gruppo siderurgico tedesco e di quelli dello stabilimento torinese della Thyssen. A dodici anni di distanza da quanto accaduto, infatti, nessuno degli imputati è in carcere, chi perché ormai ha scontato la sua pena e chi perché in cella non ci è mai entrato nonostante una sentenza definitiva a carico. “È disumano aspettare 12 anni per avere giustizia. Sono indignata e spero che l'Europa riesca a far finire questo calvario giudiziario" ha aggiunto Laura Rodinò.

Il riferimento è all’attesa sentenza della Corte europea dei diritti umani a cui i legali delle famiglie delle vittime e i superstiti del rogo Thyssen si sono rivolti per far applicare la sentenza di condanna dei manager tedeschi della ThyssenKrupp. Il Tribunale internazionale di Strasburgo appena nel novembre scorso aveva annunciato di aver avviato un procedimento contro Italia e Germania proprio per valutare i motivi che stanno portando alla mancata applicazione della sentenza di un tribunale. La stessa rabbia per questa situazione è stata espressa anche da Rosina Demasi, madre di uno dei sette operai morti nel rogo Thyssen. "Sono trascorsi 12 lunghi anni e siamo ancora qui, questo è il nostro quotidiano, che ci vede purtroppo in una condizione immutata, con le porte del carcere che si sono aperte per far uscire invece che entrare i colpevoli" ha dichiarato la signora Demasi durante la cerimonia di commemorazione che si è svolta oggi a Torino alla presenza delle autorità del capoluogo piemontese.  “Noi mamme della Thyssen vogliamo credere ancora nella giustizia perché in un Paese civile chi ha sbagliato paga. Dobbiamo pensare che il nostro Paese abbia perso questo senso di civiltà?”, ha chiesto ancora la Demasi, che punta il dito contro "quel maledetto stabilimento diventato un luogo abbandonato, un affronto e mancanza di rispetto che ritengo indegno per questa città”.

“Non vogliamo più promesse o abbracci, vogliamo giustizia. Per alcuni la Thyssen si ricorda un giorno l'anno, per noi è un ricordo indelebile di quello che ci è stato portato via" ha aggiunto Rosina Demasi. A farle eco anche la sindaca di Roma Chiara Appendino secondo il quale “Oggi il diritto alla giustizia è ancora negato e questo è inaccettabile". Appendino ha reso omaggio "alla forza incredibile di lottare" delle familiari delle vittime, "donne straordinarie che sono un esempio per la società di cosa significhi non mollare e riportare al centro un diritto”. “Ogni anno in questo giorno ci sono due emozioni. Prima di tutto la rabbia, comprensibile e giustificabile, che forse potrà diminuire un giorno se ci sarà giustizia. E dobbiamo tutti essere vicini a voi con questa rabbia per ottenere una giustizia dovuta. Il secondo sentimento, è la speranza, che da quanto accaduto si impari, come società, affinché' non si ripeta, perché non si può morire di lavoro" ha concluso Appendino.

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