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Processo Rigopiano, attesa per l’udienza in Cassazione a quasi 8 anni dalla tragedia

Il 18 gennaio del 2017 una valanga ha travolto l’hotel Rigopiano di Farindola: 29 morti, 11 sopravvissuti. Dopo la sentenza d’appello al processo che ha visto 22 assoluzioni e 8 condanne, la Procura generale de L’Aquila contesta la riduzione delle pene per la Provincia di Pescara e la Prefettura.
A cura di Giovanni Turi
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La valanga che ha spazzato via il resort di Rigopiano
La valanga che ha spazzato via il resort di Rigopiano
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Poco più di un mese e saranno passati otto anni dalla tragedia. L'enorme valanga che ha travolto l'hotel Rigopiano Gran Sasso Resort del Comune di Farindola, in provincia di Pescara, è un'immagine ancora tanto dolorosa quanto impressa nella mente.

Dentro quella struttura, il 18 gennaio 2017 c'erano 40 persone. Solo undici sono sopravvissute, le morti sono state 29. Dopo la sentenza di primo grado nel 2023, partita con una richiesta dell'accusa di oltre 150 anni per 29 imputati, e quella di appello del 14 febbraio, chiusa con otto condanne e 22 assoluzioni, nella giornata di oggi, mercoledì 27 novembre, la vicenda arriva in Cassazione.

Per primo prenderà parola il sostituto procuratore generale con la formulazione delle richieste di condanna. Dopodiché toccherà ai legali delle parti civili. Domani, giovedì 28 novembre, sono poi previsti gli interventi delle difese e la sentenza.

La decisione della Corte d'Appello

Dopo cinque ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d'Appello de L'Aquila avevano confermato le condanne del primo grado per il sindaco del Comune di Farindola, Ilario Lacchetta, a 2 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio plurimo colposo; per i due funzionari della Provincia di Pescara Mauro Di Blasio e Paolo D'Incecco, entrambi a 3 anni e 4 mesi, responsabili della viabilità e della pulizia della strada che collegava all'albergo; per il gestore del resort Bruno Di Tommaso (vittima della valanga) e il consulente della relazione tecnica per le tettoie e le verande che hanno ceduto sotto la slavina, Giuseppe Gatto, a entrambi sei mesi per falso.

I magistrati, inoltre, avevano condannato l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, a un anno e 8 mesi di reclusione per falso e rifiuto di atti d'ufficio; l'allora capo di gabinetto della Prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, per falso a un anno e 4 mesi di reclusione; il tecnico comunale Enrico Colangeli a 2 anni e 8 mesi per omicidio colposo e lesioni plurime.

I motivi del ricorso in Cassazione

Il ricorso al terzo grado di giudizio contro le 22 assoluzioni è arrivato dalla Procura generale de L'Aquila, guidata dal procuratore Alessandro Mancini. Oltre 100 pagine in cui viene contestata la riduzione delle pene per la Provincia di Pescara e per la Prefettura.

Nelle sue motivazioni la Procura punta il dito verso la prevedibilità del rischio e della prevenzione, oltre alla gestione delle precipitazioni. In un passaggio si legge come il disastro non sarebbe accaduto "se non con il concorso di colpose omissioni da parte di più enti", ovvero Comune e Regione nella prevenzione e previsione dei rischi del territorio montano di riferimento, oltre a Provincia e Prefettura nella fase di gestione dell'emergenza neve.

"Se anche uno solo di questi avesse correttamente adempiuto ai doveri connessi al proprio ruolo istituzionale, il disastro, le morti e le lesioni non si sarebbero verificate", continua, ribadendo che, in questo modo, "l'hotel non sarebbe stato edificato", non sarebbe stato agibile dopo una "specifica ordinanza di sgombero" oppure "sarebbe stato servito da una strada percorribile, unica via di fuga della struttura".

D'altra parte, la Corte d'Appello aquilana ha escluso la fondatezza della maggior parte delle ipotesi di reato contestate, la responsabilità di singoli imputati per la mancata adozione della Carta di localizzazione pericolo valanghe (assente dal 1992, ndr) e del Comune di Farindola per la prevedibilità della valanga stessa.

Infine, la Procura generale contesta anche l'assoluzione di Provolo e altri funzionari della Prefettura sul depistaggio e l'occultamento della telefonata di soccorso lanciata da Gabriele D'Angelo, una delle 29 vittime.

Sopravvissuti e familiari delle vittime: "Non ci sarà giustizia"

"Non ci sarà giustizia per le vittime di Rigopiano. Sono certo che lo Stato non condannerà lo Stato". Le parole di Marco Foresta, 36 anni, uno dei sopravvissuti della tragedia, hanno il sapore di amarezza. "Non so cosa aspettarmi: se in Cassazione confermeranno ciò che è stato già fatto finora, secondo me, non c'è stata giustizia", ha detto invece Giampaolo Matrone, salvato dopo 62 ore sotto le macerie e che a Rigopiano ci ha perso la moglie, Valentina Cicioni.

Sono le considerazioni raccolte da la Repubblica durante la presentazione del docufilm "E poi il silenzio. Il disastro di Rigopiano – La serie". Si lascia uno spiraglio di ottimismo Gianluca Tanda, fratello di Marco, sulle pagine de Il Messaggero: "Ci credo, ci crediamo ancora nella giustizia e speriamo che la Cassazione sostenga questa nostra fiducia. I 29 morti della valanga di Rigopiano sono una vergogna nazionale, una delle tante purtroppo, e tutti gli italiani l'hanno percepita come tale".

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