Riccardo Maccioni sulla Maturità: “Sbalordito di essere nelle tracce, rispetto è recuperare l’umanità”

"Quando ho scoperto di essere tra gli autori delle tracce per la maturità sono rimasto sbalordito e onorato. Il rispetto è non confondere la maleducazione con la schiettezza, recuperare l'umanità. Con le parole possiamo fare molto male e davanti a tutto dobbiamo mettere le persone", dice a Fanpage.it Riccardo Maccioni, caporedattore del quotidiano Avvenire e autore del podcast Taccuino Celeste. Maccioni, classe 1962, per 18 anni è stato responsabile della sezione Catholica di Avvenire. Tra le tracce della Maturità 2025, c'è un suo editoriale per la tipologia B, pubblicato su Avvenire nel dicembre 2024, in cui parla di rispetto, eletta parola dell'anno dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani.
Il rispetto passa anche e soprattutto dalla comunicazione e dall'informazione. Che cosa significa per te rispetto quando svolgi la tua professione?
"Credo che usare il rispetto nel nostro modo di informare voglia dire ricordarsi che dietro le storie che raccontiamo e i servizi che noi realizziamo ci sono sempre delle persone. Quindi partire proprio da qui: so può sembrare una frase fatta quella di ridare centralità alle persone, ma vale sempre la pena ricordare che anche le vicende più drammatiche e le storie più negative hanno comunque dietro mani, cuori e occhi di persone che stanno conducendo una loro battaglia, stanno soffrendo e magari sono in difficoltà. Non dimentichiamo mai cioè noi con le parole possiamo fare tanto male".
Come fare allora?
"Si possono dire le stesse cose con una forma più attenta allo sguardo degli altri. Ricordare che quando una persona viene citata in un articolo ha il diritto di non vergognarsi magari perché descritta in un modo che non risponde alla realtà".
Secondo te c'è invece un problema di rispetto nel mondo dei giovani?
"Io non sarei così negativo nei loro confronti, credo che esista un problema di rispetto ovunque, in tutte le fasce sociali e a qualunque età. Semplicemente, i giovani essendo più esposti ai social e usando quindi un linguaggio più diretto e sincopato, lo mostrano con maggiore evidenza.
Un problema di rispetto trasversale, dunque. Da dove parte?
"Dal fatto che si confonde la mancanza di rispetto per schiettezza, che sono invece due concetti diversi. Schiettezza vuol dire tirare fuori magari la verità, però non implica necessariamente ferire l'altra persona. Oggi sembra quasi che linciare l'altro, asfaltarlo, sia un elemento di valore, ma non è così. La cattiveria resta un concetto negativo sempre e ovunque. E in questo senso magari sono gli adulti che hanno perso la capacità di educare ad attutire i concetti, non come ipocrisia ma come atto di protezione verso l'altro.
In questa mancanza di rispetto camuffata da schiettezza può avere un ruolo la comunicazione mediata da uno schermo?
"Certamente, perché il rispetto passa soprattutto dal guardare negli occhi la persona a cui ci si rivolge. E questo vale anche per noi giornalisti: quando scriviamo o realizziamo un servizio dovremmo sempre immaginare di avere di fronte il o la protagonista della vicenda che stiamo raccontando".
Secondo te qual è la forma di rispetto più urgente di cui abbiamo bisogno tutti?
"Credo che la forma di rispetto più urgente sia ricordarci che siamo tutti persone e quindi recuperare l'attenzione verso gli altri, a prescindere da che siano amici o avversari, ricchi o poveri. Ricordarci che siamo persone e che viviamo da persone. Io credo che la cosa più bella e di cui abbiamo più bisogno in questo momento sia recuperare l'umanità".
Che cosa hai pensato e come ti sei sentito quando hai visto che tra le tracce della maturità c'era anche un tuo testo?
"Innanzitutto sono rimasto assolutamente sbalordito. Sono onorato di essere a fianco a dei giganti della della letteratura e del pensiero, e anche un pochino intimidito dal fatto di essere in così preziosa compagnia, io piccolo piccolo insieme a dei giganti".




