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Quindicenne rapita chiama 112 prima di essere uccisa: “Riagganci, abbiamo altre chiamate”

Sta provocando un vero tumulto sociale in Romania il caso di Alexandra Măceșanu, rapita e stuprata dal meccanico Gheorghe Dinca. Durante la prigionia Alexandra è riuscita a chiamare la polizia dalla casa dell’uomo. “Aiuto, non riagganci, la prego, sta stornando, ho paura”, ma dal 112 la costringono a mettere giù: “Signorina tenga la linea libera”. I soccorsi arriveranno con 19 ore di ritardo e troveranno solo i suoi resti carbonizzati.
A cura di Angela Marino
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Alexandra Măceșanu
Alexandra Măceșanu

"Aiuto sta tornando, aiuto, per favore, non riagganciate!". Alexandra, 15 anni, ha denunciato per tre volte il proprio rapimento al 112 e per tre volte gli operatori l'hanno ignorata e costretta a mettere giù il telefono. Dopo 19 ore i suoi resti sono stati ritrovati nella casa da dove aveva chiamato per chiedere aiuto, dopo essere stata picchiata e stuprata, a Caracal, circa 145 km ad est di Bucarest, nel sud della Romania. Nella stessa casa, dove la polizia è arrivata dopo aver richiesto un mandato non necessario, l'indomani dell'ultima chiamata della ragazza, sono stati ritrovati anche i resti di un'altra vittima, Luiza Melencu, ritenuta anche lei una ragazzina scomparsa.

Le vittime sono due: ipotesi serial killer

È il caso che rischia di far crollare dalle fondamenta il governo romeno. Dopo che la diffusione degli audio del 112, la popolazione romena si è riunita a Bucarest per protestare contro il governo. E mentre Gheorghe Dinca, 65 anni, sospetto serial killer, ha ammesso l'omicidio di Alexandra e quello di Luiza, il governo ha preteso le dimissioni di altri funzionari delle forze dell'ordine. La prima testa a cadere è stata quella del capo della polizia nazionale rumena, Ioan Buda, al cui licenziamento ha fatto seguito quello di due funzionari della contea, ma potrebbe essere solo l'inizio.

Rapita mentre faceva autostop

I fatti risalgono al 24 luglio 2019. Alexandra Măceșanu, 15enne originaria del villaggio di Dobrosloveni, fa l'autostop per tornare a casa. A farle cenno di salire è un uomo coi capelli grigi, 65 anni Gheorghe Dinca, di professione meccanico. Invece che a casa, Dinca la benda e la porta a Caracal, nella sua proprietà. La picchia, la stupra e la tiene prigioniera. Le prende il telefono, così che non possa avvertire nessuno, ma commette un errore, la richiude in una stanza dove si trova il suo telefono. Appena rimasta sola Alexandra compone il numero del 112.

"Pronto? Sono stata rapita": gli audio choc

È già stata picchiata e stuprata, affanna, si capisce che è in una situazione di fortissimo stress, eppure dall'altra parte della linea nessuno le chiede se è ferita. Sembra quasi che i quattro interlocutori tra cui rimbalzano le sue richieste la rimproverino di non saper indicare il luogo in cui si trova. "Mi chiamo Alexandra Măceșanu, ho 15 anni sono stata violentata, per favore, venite presto, non so dove sono" è una delle frasi con cui esordisce la ragazza. "Che vuol dire non sai dove sei? Come pensi che ti troviamo? Pronto?" la rimprovera la voce dall'altra parte, senza neanche provare ad accertare le sue condizioni di salute.

"Aiuto, mandate qualcuno". "Basta, tenga la linea libera"

Mi ha portata a Dobro, a Caracal, mi ha portata a Caracal, non so dove sono esattamenteNon riattacchi per favore. Alexandra è costretta a ripetere più volte ‘non riattacchi', mentre dovrebbe essere compito dell'operatore tenere attiva la comunicazione fino all'arrivo dei soccorsi o per il più lungo tempo possibile. Ho paura mandate qualcuno! supplica più volte, mentre l'operatore quasi si la rimprovera: Basta, aspetta un po'. È arrivato! È arrivato! È arrivato! Presto per favore! annuncia lei disperata e quando finalmente riesce a fornire un indirizzo, quello su un biglietto da visita trovato nella stanza ‘Antonius Caracalla numero 9', viene rimproverata ancora una volta. È l'indirizzo?, chiede l'operatore. Non lo so, ho trovato un biglietto da visita, risponde Alexandra sempre esagitata, in preda al panico. Ah, non sai neanche questo, commenta lui. Infine la costringono a interrompere la chiamata: Arriveranno lì in due minuti, ora basta, non posso stare al telefono, abbiamo altre chiamate.

Alexandra viene uccisa

Morale della favola, dopo aver parlato con Alexandra tre volte e aver raccolto diversi elementi per localizzarla, la polizia arriva al domicilio dove è tenuta prigioniera 19 ore dopo l'ultima chiamata disperata e dopo aver chiesto e ottenuto un mandato di perqusizione che non era necessario. Nella casa di Dinca gli agenti trovano nella cenere diversi frammenti di ossa e 21 pezzi di denti. Alcune ossa potrebbero appartenere a un'altra ragazza Luiza Melencu, 18 anni, scomparsa ad aprile 2019 nella stessa zona e mai ritrovata.

Ignorata anche la chiamata della vicina

A rendere ancor più inquietante il quadro c'è la testimonianza di una donna, che ha denunciato di aver chiamato il 112 per due volte nella notte tra mercoledì e giovedì, prima dell'ultima telefonata di Alexandra, per denunciare movimenti sospetti nella casa. Neanche a lei la polizia ha dato ascolto. Gheorghe Dinca ha ammesso gli omicidi di entrambe le ragazze, ma è sospettato di essere colpevole di altri crimini.  "Le istituzioni rumene non sono riuscite a proteggere il diritto fondamentale alla vita", ha affermato il presidente romeno Klaus Iohannis. "I responsabili dovranno affrontare una dura punizione". Intanto sulle mura davanti al palazzo di Ministero degli Interni, a Bucarest, giganteggia la scritta: "Police Kill".

Audio originale 112

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