Quarta dose di vaccino contro Omicron, l’Ema frena: “Prima vogliamo vedere i dati clinici”
Potrebbero allungarsi i tempi per l'approvazione di vaccini con formule adattate alla variante Omicron del coronavirus. Nel corso di un vertice che si è tenuto ieri tra i principali enti regolatori infatti Emer Cooke, Direttore Esecutivo dell'Ema e presidente dell'Icmra, ha dichiarato: "Oggi non si tratta solo della risposta normativa a Omicron, ma fa anche parte dell'impostazione della scena per una discussione più strategica su quali tipi di vaccini potrebbero essere necessari a lungo termine per gestire adeguatamente il Covid. Queste decisioni non sono solo per le autorità di regolamentazione. È necessaria la collaborazione tra tutti gli attori in questo spazio, compresi i responsabili delle decisioni in materia di salute pubblica a livello nazionale, regionale e globale. In tale contesto, dobbiamo sottolineare l'importanza della collaborazione con l'Oms per prendere una decisione sugli aggiornamenti dei ceppi". Secondo Cooke, inoltre, "sebbene la maggior parte dei dati disponibili suggerisca che i vaccini Covid approvati stiano perdendo efficacia nella protezione contro infezioni e malattie lievi, questi continuano a fornire un'elevata protezione contro le persone che sviluppano malattie gravi e la necessità di ospedalizzazione legata alla variante Omicron". È stato quindi sottolineato come, quando si esaminano i requisiti normativi per qualsiasi aggiornamento del vaccino, è necessario avere a disposizione "i dati clinici per approvare un nuovo vaccino". Insomma, non saranno sufficienti le rassicurazioni delle case farmaceutiche e – come sempre – nuove versioni di vaccino dovranno garantire elevati standard di efficacia e sicurezza prima di essere immessi sul mercato.
Sempre l'Ema nei giorni scorsi aveva criticato una strategia vaccinale che preveda richiami continui. Marco Cavaleri, responsabile per i vaccini dell'ente regolatore, ha infatti dichiarato: "Non abbiamo ancora visto i dati sulla quarta dose" di vaccino anti-Covid, ma "siamo abbastanza preoccupati per una strategia che preveda vaccinazioni ripetute in un lasso di tempo breve. Non possiamo continuare a dare dosi di richiamo ogni tre o quattro mesi". Intervistato dal Messaggero è stato il professor Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all'università Cattolica di Roma, a spiegare perché una strategia simile potrebbe essere problematica: "Potrebbe verificarsi un esaurimento della risposta immunitaria dovuta ad un eccesso di stimolazione".