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L'omicidio di Melania Rea

Quando l’amore infelice diventa omicidio, la storia di Melania Rea

Melania Rea è stata assassinata nel bosco di Colle San Marco il 18 aprile 2011. Stretto tra la relazione con l’amante e quel matrimonio a cui non sapeva mettere fine, Salvatore Parolisi mise fine alla vita della moglie con 35 coltellate. Oggi, dopo aver perso i gradi, è recluso nel carcere di Bollate.
A cura di Angela Marino
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Mancano 10 minuti alle 15 quando nell’ufficio del centralino del 113 di Teramo arriva una telefonata strana. La voce di un uomo di mezza età, con colorito accento locale, parla del ritrovamento di un cadavere, mentre stava facendo una ‘camminata’ nel bosco di Ripe di Civitella, in località chiosco della pineta. L’anonimo informatore non sembra affatto sotto choc. Potrebbe essere un mitomane o qualcuno in vena di scherzi, ma, come da protocollo, parte la verifica.

L'omicidio Melania Rea

Il punto indicato dalla segnalazione è una macchia boschiva a due passi da un chiosco in legno gestito da Carlo N., un personaggio che nella zona tutti conoscono per le sue ‘nostalgie del Duce’. Ad alcuni metri dal chiosco, su un tappeto di foglie e aghi di pino, il volto rivolto in alto e i piedi verso il chiosco sotto un cielo di primavera, c’è una giovane donna. Si chiama Carmela Rea, ma in famiglia la chiamano Melania. È seminuda, il corpo straziato di ferite, il collo inondato di sangue e una siringa conficcata all'altezza del cuore.

La gita con la figlia Vittoria

Poco dopo squilla il telefono della famiglia Rea a Somma Vesuviana, quaranta chilometri da Napoli nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio. È il fratello di Carmela Melania a precipitarsi per identificare la vittima, mentre il marito di lei, ora vedovo, Salvatore Parolisi riceve la notizia del tragico ritrovamento da un amico che è nelle forze dell’ordine. Immediatamente riconosce il luogo dove è stato trovato il corpo di Melania come quello dove 15 giorni prima si era appartato romanticamente con la moglie nel corso di una gita. Nonostante siano entrambi campani, i Parolisi vivono in un appartamento a Folignano, anche se ‘Totò', militare del 235° Reggimento Piceno, può alloggiare in caserma. Di tanto in tanto portano la loro piccola Vittoria, 18 mesi, a giocare sulle altalene del parco di Ripe, a Colle San Marco. Era quello che avevano fatto il 18 aprile 2011, a pochi giorni da Pasqua, quando Melania si era allontanata dalle altalene per andare al bagno e non era più tornata.

La dinamica del delitto

In una macchia di alberi abbastanza lontana dai giochi per bambini, qualcuno l'aveva aggredita con un coltello. Il suo aggressore l'aveva afferrata di spalle e aveva prima tentato di sgozzarla, poi le aveva seminato coltellate sul corpo fino a farla morire dissanguata. 35 fendenti non avevano placato l'assassino che, dopo il delitto, era tornato sulla scena per incidere sulla pelle color caramello di Melania, ormai dura e fredda, dei misteriosi segni simili a una svastica. L'aveva lasciata al bosco, infine, distesa nel suo sangue con i gli slip e i collant abbassati sotto le ginocchia. L'immagine rimanda a un'aggressione sessuale, ipotesi che gli inquirenti in capo all'indagine scartano subito, perché Melania non aveva subito violenza sessuale. Più verosimile che i calzoni fossero calati perché la vittima era stata sorpresa dal suo aggressore mentre era accovacciata per fare pipì.

La pista passionale

Scartata l'ipotesi del ‘maniaco‘, dunque, resta quella del fanatico, del neonazista che sfregia il corpo della vittima disegnando svastiche, anche se i giudici hanno un'idea diversa di quei segni. Sono il tentativo di depistaggio del killer che, probabilmente, vista la vicinanza con il chiosco di Carlo, intendeva far ricadere su di lui, la colpa. Idem per la siringa conficcata a pochi centimetri dal cuore che, insieme al laccio emostatico, trovato sul terreno, avrebbe dovuto attribuire il crimine alla mano di un tossicodipendente.

La storia tra Melania rea e Salvatore Parolisi

La verità è lontana da quel bosco spettrale, ma non da Melania e gli investigatori cominciano a cercarla partendo da quella fede nuziale un po' larga che esibiva al dito. Anche lei figlia di un militare dell'Aeronautica, Melania aveva perso la testa per un militare che lavorava come addestratore in una caserma femminile. Originario di Frattamaggiore, ‘Totore" proveniva da una famiglia più modesta dei Rea ed era orgoglioso di averla elevata con la carriera militare. I Rea, dal canto loro, lo avevano accolto come un figlio. I ragazzi si erano sposati. Melania, sempre sola e lontana da casa, aveva cominciato a perdere peso e si era fatta sottile.

L'amante di Salvatore Parolisi

Con la nascita della bimba Melania aveva ritrovato slancio e gioia, ma qualcosa non andava con Salvatore. Se ne accorse quando lui la chiamò da un numero sconosciuto, incappando nell'errore comune di chi ha un telefono dedicato a un'altra persona. Melania capì tutto e dopo aver fatto qualche ricerca rintracciò la persona a cui quella scheda telefonica era riservata. Lei, 26 anni, era un'allieva del marito e non negò di avere avuto un flirt con il suo istruttore. Era il 2010. Melania sprofondò nello sconforto, ne parlò con i suoi e con delle amiche, poi affrontò il marito. Neanche lui negò, ma sminuì l'importanza di quella relazione, come aveva già fatto l'amante, assicurandole che voleva tornare alla vita coniugale. Melania lo perdona, decisa a proteggere il proprio matrimonio e a riconquistare l'amore del marito.

‘Ludo'

Il 19 aprile 2011, quando Melania era ancora una donna scomparsa, Salvatore aveva chiamato proprio la sua amante per dirle di cancellare i suoi contatti. Non solo non aveva interrotto, come assicurato alla moglie, quella appassionata storia, ma era in procinto di incontrare i genitori della soldatessa per una presentazione ufficiale. È tutto scritto nei migliaia di messaggi scambiati su Facebook e recuperati dagli inquirenti dal telefono e dal computer di Parolisi. Uno studio interessante, quello del Pc del militare, che disegna un uomo molto diverso dall'addolorato vedovo. L'amante ventiseienne non era l'unica evasione dalla routine coniugale, ce n'erano state altre, ma lei era sicuramente la più recente e quella su cui l'istruttore puntava per il futuro.

Le chat di Parolisi

Pochi giorni prima di quel 18 aprile, dall'account fake ‘Vecio Alpino' che usava per chattare con l'amante, Parolisi scrive: "Tu sei la cosa più importante (…) non preoccuparti i nostri accordi (riferendosi alla separazione con Melania, ndr) non vanno per le lunghe, massimo una settimana poi (Melania) dovrà sparire dalla mia vista". Dall'altra parte la ragazza faceva pressione, lo insultava per non aver avuto il coraggio di affrontare la separazione, lo minacciava di lasciarlo se non lo avesse fatto. Il drammatico triangolo diventa un possibile movente per chi indaga e tre mesi dopo il delitto, Salvatore Parolisi viene arrestato.

Salvatore Parolisi e la Caserma

L'arresto apre le porte sulle zone d'ombra della vita militare nelle caserme promiscue. Quella dove gli istruttori seducono le soldatesse, dove i commilitoni coprono le scappatelle dei militari con le mogli. Ai compagni Salvatore aveva chiesto, ventiquattro ore dopo la scomparsa della moglie, di non fare cenno alle lunghe telefonate in orario di pausa. In quella circostanza li aveva anche dissuasi dall'organizzare squadre per le ricerche di Melania.

Il caso Melania Rea e i media

Quando i particolari della scottante relazione extraconiugale diventano pubblici, i media cominciano a dedicare uno spazio enorme alla vicenda. Il processo che di lì a poco si celebrerà in tribunale appare a Salvatore quasi temibile di quello che va in scena a oltranza, a tutte le ore, nei salotti televisivi. Parolisi da canto suo non si risparmia, si cala nel ruolo del marito in lutto, ma non convince i suoi giudici più severi: l'opinione pubblica. Dalla ricostruzione dei fatti degli ultimi due anni emerge la figura di un uomo freddo, calcolatore, completamente estraneo al ruolo di marito e padre. Un uomo che, secondo la ricostruzione processuale, ha programmato l'omicidio della moglie per non doversene separare e perdere così i privilegi di erede e i diritti di padre.

Il processo

Un uomo che, forte dell'addestramento militare – anche se la stessa difesa sottolineerà in aula la sua scarsa brillantezza nel lavoro – ha sopraffatto una donna vulnerabile e l'ha colpita con rabbia e rancore. A supporto di questa ricostruzione ci sono circostanze che pesano: la mancanza di un alibi, il comportamento anomalo assunto dopo il delitto (Salvatore non cerca Melania, avverte l'amante di negare e cancellare i contatti), un movente rappresentato dal conflitto con la moglie che non intendeva lasciare, ma dalla quale desiderava essere finalmente libero. Non solo, Melania era percepita come ostacolo anche alla sua carriera da quando aveva minacciato l'amante, di "rovinarli" con le sue conoscenze nel mondo militare.

Salvatore Parolisi oggi

Nel luglio 2016 Parolisi è stato condannato a vent'anni di reclusione per l'omicidio di sua moglie. La corte di Cassazione ha confermato l'esito del secondo processo d'appello. Il militare, oggi detenuto, è stato degradato e la piccola Vittoria – davanti alla quale molto probabilmente andò in scena l'omicidio – è stata affidata alla famiglia materna. Quando è morta, Melania, indossava un braccialetto con il nome di ‘Salvatore' e una catenina con incise queste parole:

“Con te sarà sempre un nuovo giorno d’amore”.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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