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Primario arrestato mentre intasca una mazzetta: “Soldi dai pazienti per le cure anti-cancro”

È stato arrestato l’oncologo Vito Lorusso, direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica all’Istituto Tumori Giovanni Paolo II Irccs di Bari, che sarebbe stato trovato a ricevere una somma di denaro da un paziente.
A cura di Ilaria Quattrone
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È stato arrestato in flagranza di reato l'oncologo Vito Lorusso che è direttore dell'Unità Operativa di Oncologia Medica all'Istituto Tumori Giovanni Paolo II Irccs di Bari. Il primario sarebbe stato beccato dai carabinieri mentre riceveva una somma di denaro da un paziente. Lorusso si sarebbe però sentito male ed è stato trasferito in ospedale.

Le accuse nei confronti del primario Vito Lorusso

Nei suoi confronti le accuse sono di concussione e peculato: sembrerebbe che abbia chiesto soldi ai pazienti per la somministrazione di terapie anti-cancro. L'inchiesta è coordinata dalla pubblico ministero della Procura di Bari Chiara Giordano. Potrebbe essere che le indagini siano iniziate proprio dopo le denunce di alcuni pazienti.

"Siamo sgomenti e indignati e, qualora i fatti fossero confermati, non faremo sconti a nessuno", ha affermato il direttore generale Alessandro Delle Donne.

Il caso dell'oncologo Giuseppe Rizzi che aveva raggirato 16 pazienti

Il caso ne ha ricordato un altro: quello dell'oncologo Giuseppe Rizzi, partita da una denuncia di un familiare di un paziente, che è stato arrestato due anni fa perché accusato di aver preso soldi dai pazienti per ricevere le cure che sarebbero però dovute essere gratuite.

Il medico è stato poi condannato a nove anni proprio per concussione. In totale avrebbe raggirato ben sedici pazienti terminali guadagnando 2,5 milioni di euro. L'uomo avrebbe agito insieme alla compagna, un'avvocata, che avrebbe gestito un Caf a Bari che sarebbe stato trasformato anche in un ambulatorio medico. Nei suoi confronti è stata emessa una condanna a cinque anni e sei mesi.

Rizzi era stato anche accusato di aver truffato l'ospedale perché avrebbe ottenuto mille euro in più al mese per non effettuare attività privata che, invece, praticava ai pazienti terminali.

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