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Pier Paolo Pasolini e la notte dell’Idroscalo: “La verità? Non ce l’ha nessuno”.

Il 2 novembre 1975, all’Idroscalo di Ostia, veniva trovato il corpo martirizzato di Pier Paolo Pasolini. A oltre 40 anni dal massacro del poeta, la cugina Graziella Chiarcossi, che quella notte attese invano il suo ritorno a casa, insieme all’anziana madre, ricorda con Fanpage.it quei drammatici istanti. E rifelette su alcuni controversi aspetti della vicenda: “Se volete risposte, leggete quello che Pier Paolo scriveva negli ultimi giorni”
A cura di Angela Marino
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Pier Paolo Pasolini nel 1966
Pier Paolo Pasolini nel 1966

La notte tra l'1 e il 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini, appena tornato da Parigi dopo aver finito di girare l'edizione francese di Salò, esce come al solito per andare a cena. Nella casa all'Eur ad aspettarlo resta l'anziana e adorata mamma Susanna Colussi: qualche ora dopo dovranno dirle che il suo unico figlio non tornerà più. Pier Paolo Pasolini, poeta, regista e voce controversa del giornalismo e della letteratura italiana è stato ucciso nel parcheggio dell'idroscalo di Ostia. Dopo oltre 40 anni, nell'anniversario della sua morte la cugina Graziella Chiarcossi ricorda, intervistata da Fanpage, la morte e la vita del poeta.

Dov'era quando ha saputo della tragedia? 

"Ero nella casa di via Eufrate (a Roma, ndr) con Susanna.  Alcuni carabinieri sono venuti a dire che avevano trovato la macchina (l'Alfa Romeo alla cui guida era stato fermato Pino Pelosi, ndr). Sono rimasta lì ad aspettare che Pierpaolo tornasse, ma non è tornato".

Ha capito che non le avevano detto tutto.

"Sì. Sono andata dai carabinieri dell’Eur e anche questa volta mi hanno detto ‘vada a casa non abbiamo niente da dire, qualcuno le farà sapere'. Parole che mi hanno suscitato ulteriore angoscia".

Alla fine come ha saputo la verità? 

"La verità vera, ultima, l’ho appresa telefonando a casa di Ninetto Davoli. Gli ho telefonato da un bar, ricordo che quella notte all'Eur c'era un problema di linee telefoniche e da casa non partivano chiamate in uscita. Così andai in un bar e gli telefonati. Mi rispose sua moglie".

Perché Davoli sapeva e lei, no?

"Non lo so, non ho idea di chi lo avesse informato. So solo che non sapevo chi chiamare e mi venne in mente di rivolgermi a lui".

Qual era il suo stato d'animo in quei giorni? Qualcosa lo preoccupava?

"Era molto felice, era appena tornato da Parigi dove aveva finito di girare un lavoro importante. Stava scrivendo Petrolio. Del resto Pierpaolo quello che pensava lo scriveva, se cercate le risposte leggete quello che ha scritto negli ultimi giorni".

Aveva rilasciato la famosa intervista a Furio Colombo (‘Siamo tutti in pericolo') letta poi quasi come un presagio.

"Sì, beh a molte cose sono stati attribuiti vari significati, come il suo ‘Io so' (Corriere della Sera, ‘Cos'è questo Golpe?') che, però, era un ‘Io so', poetico…"

Però aveva dei nemici.

"Che Pier Paolo sia stato molto scomodo per tante frange non c’è il minimo dubbio: era l’unica voce che leggeva la realtà in modo chiaro. Aveva anche molti affetti, però, La madre, per prima, con la quale aveva un rapporto di tenerezza e pudore, era il suo grande amore. Poi c'erano gli amici: Attilio Bertolucci, Caproni, Penna. Con il cinema il suo giro si era molto allargato".

C'è un sogno che Pasolini non ha realizzato?

"Aveva appena finito di mettere a posto la casa di Sabaudia che aveva comprato insieme ad Alberto Moravia, una bifamiliare. L’ha goduta per poco più di una settimana nell’estate del '75".

Alcuni dei suoi esegeti lo descrivono come un personaggio ombroso, era così?

"No. Non è reale quest'aura di tetraggine che molti hanno descritto intorno a lui, quasi che la morte l'avesse cercata. Pier Paolo era una persona vitale, un grandissimo lavoratore. Nei suoi cinquantatré anni ha messo mano a una produzione interminabile. Era una persona che crea, una persona costruttiva".

Si è scritto tutto e il contrario di tutto su Pasolini. Cosa vorrebbe smentire?

"È stato scritto, per esempio, che la sua morte è collegata con la scrittura di ‘Petrolio' (un capitolo del romanzo, quello dedicato alle stragi d'Italia, venne trafugato dalla casa del poeta, secondo la famosa pista omonima, a scopo di ricatto, ndr). Questa è una leggenda metropolitana, anche perché nessuno, eccetto Paolo Volponi, sapeva che stava scrivendo quel romanzo (rimasto incompiuto e pubblicato postumo, ndr)".

Si è scritto anche che quella notte Pelosi non fosse solo, all'Idroscalo…

"È inutile parlarne, la verità non ce l'ha nessuno".

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