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Pertosse, in Trentino calano le vaccinazioni e aumentano i casi: anche neonati in ospedale

L’incremento dei casi di pertosse è provocato da un aumento esponenziale nella circolazione del batterio. A incidere, innanzitutto, la minor copertura vaccinale nei bambini di 5 anni e nei ragazzi di 14, scesa in Trentino sotto il 90%.
A cura di Davide Falcioni
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Immagine di repertorio
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Dopo un boom di casi nel nord-Europa, in Italia si sta registrando nelle ultime settimane un aumento dei casi di pertosse, in particolar modo in Trentino, dove la responsabile del Dipartimento igiene e prevenzione dell'Azienda sanitaria provinciale, Maria Grazia Zuccali, ha rivelato la presenza di  14 contagi, alcuni dei quali tra i neonati che è stato necessario ricoverare nel reparto di Pediatria dell'Ospedale di Trento.  "Neonati con sintomi importanti di tosse, accessi di tosse a cui poi abbiamo fatto le indagini, abbiamo scoperto che erano affetti da pertosse. Per 2 di loro –  ha spiegato a Rainews il primario, Massimo Soffiati – è stata necessaria la terapia sub-intensiva neonatale. Abbiamo dovuto sottoporli a una ventilazione non invasiva, però un supporto importante affinché superassero questa fase di problematiche respiratorie".

L'incremento dei casi è stato definito anomalo rispetto agli ultimi anni ed è provocato da un aumento esponenziale nella circolazione del batterio. A incidere, innanzitutto, la minor copertura vaccinale nei bambini di 5 anni e nei ragazzi di 14, scesa in Trentino sotto il 90%, contro una protezione del 96% nei bimbi con 24 mesi di vita. La copertura vaccinale infatti, decade drasticamente nel tempo e ciò favorisce la circolazione del batterio, che si diffonde attraverso goccioline di saliva emesse in starnuti.

Se nei bimbi grandi e negli adolescenti il decorso della malattia è tranquillo, non sempre è così nei neonati. “Anche perché la copertura vaccinale delle donne in gravidanza è ormai bassa – nota ancora Zuccali – Circa il 50% delle signore che hanno partorito l'anno scorso si sono vaccinate per la pertosse. Un rischio, perché i neonati sono scoperti contro il batterio dalla nascita fino a circa 4-5 mesi, cioè dopo aver ricevuto 2 delle 3 dosi previste nel primo anno di vita. Infatti, se io guardo questi casi di neonati ricoverati, erano tutti figli di mamme che non avevano fatto il richiamo in gravidanza”.

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