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Covid 19

Perché non devi preoccuparti se hai già fatto una dose di AstraZeneca o Johnson & Johnson

Dopo la tragedia della diciottenne di Sestri Levante deceduta dopo aver ricevuto una dose di Vaxzevria (AstraZeneca) sta crescendo la preoccupazione per il rischio trombosi associato ai vaccini a vettore adenovirale. Il grave effetto collaterale era tuttavia noto da diverso tempo e gli esperti si attendevano alcuni casi anche in Italia.
A cura di Andrea Centini
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Non esiste alcun farmaco sicuro al 100 percento e anche quelli da banco, che non richiedono la prescrizione del medico, possono innescare effetti collaterali gravi e potenzialmente fatali nei soggetti sensibili. L'approvazione di un medicinale, del resto, si basa sul delicato equilibrio tra rischi e benefici, che ovviamente viene soppesato in base alla gravità della malattia che si intende combattere. I vaccini contro l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 (COVID-19), che ad oggi ha ucciso quasi 3,8 milioni di persone di cui 127mila in Italia, hanno ampiamente dimostrato di abbattere ricoveri in ospedale e decessi laddove sono sufficientemente diffusi, dimostrandosi un'arma estremamente preziosa per vincere la pandemia. Ma come qualsiasi altro farmaco, anche i vaccini anti Covid presentano effetti collaterali che vanno a influire sul bilancio rischi-benefici. Tra i più severi associati ai vaccini a vettore adenovirale (il Vaxzevria di AstraZeneca e il Johnson & Johnson) si annoverano le trombosi, in particolar modo la trombosi della vena sinusale con carenza di piastrine, una rarissima trombosi cerebrale risultata fatale per alcuni pazienti.

Per quanto improbabili, questi eventi tromboembolici sono comunque conosciuti e studiati da diversi mesi: era evidente sin dapprincipio che alcuni casi si sarebbero verificati anche in Italia. Per la legge dei grandi numeri, la tragedia della 18enne deceduta a Sestri Levante dopo la vaccinazione con AstraZeneca rientra purtroppo in una casistica attesa. Fortunatamente, come indicato, questi eventi tromboembolici hanno un'incidenza estremamente bassa, nell'ordine di 14,2 casi per milione di dosi somministrate, secondo l'ultimo bollettino dell'Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (MHRA) britannica. Alla luce di questa statistica, chi ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca o l'unica di Johnson & Johnson non deve allarmarsi per ciò che si è verificato in Liguria. È tuttavia molto importante monitorare i propri sintomi: come indicato dall'EMA, è fondamentale cercare assistenza sanitaria se dopo l'inoculazione del vaccino si sviluppano fiato corto, dolore al petto, gonfiore alle gambe, dolore addominale persistente, sintomi neurologici come un severo mal di testa e visione offuscata e se si formano piccole macchie di sangue sotto la pelle (petecchie), oltre il sito dell'iniezione. I casi di trombosi sono stati diagnosticati da 5 giorni fino a circa 3 settimane dopo la somministrazione della dose.

Secondo gli ultimi dati dell'MHRA, nel Regno Unito sono state somministrate oltre 25 milioni di prime dosi e 16 milioni di seconde dosi di Vaxzevria, con 372 casi di eventi tromboembolici maggiori associati a carenza di piastrine (trombocitopenia). Gli eventi si sono verificati in 200 donne e in 169 uomini con un'età compresa tra i 18 e i 93 anni e il tasso di mortalità complessivo è stato del 18 percento (66 decessi). I casi verificatisi dopo le seconde dosi sono stati 23. La trombosi della vena sinusale è stata diagnosticata in 135 persone con un'età media di 46 anni, mentre le altre 237 (con età media di 54 anni) hanno sperimentato eventi tromboembolici di tipo differente. Uno degli aspetti più significativi di questi dati è la distribuzione dei casi in base alle fasce di età, con un rischio di trombosi che risulta doppio nei giovani. L'incidenza, infatti, è di 19,8 casi per milione di dosi somministrate nei soggetti con un'età compresa tra i 18 e i 49 anni, mentre per i vaccinati con età uguale o superiore a 50 anni essa risulta essere di 10,3 casi per milione di dosi. È proprio sulle fasce di età che si gioca il bilancio costi-benefici dei vaccini anti Covid, intimamente connesso anche alla bassa circolazione virale di questa fase.

In base a una recente indagine dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), nella fascia di età compresa tra i 20 e i 29 anni dopo la somministrazione di AstraZeneca ci sono circa due probabilità di sviluppare un evento tromboembolico, contro una sola nella fascina di età compresa tra i 60 e i 69 anni. Anche in questo caso sussiste un rischio doppio. L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha invece comunicato che i casi di trombosi venose intracraniche e in sede atipica sono stati 1 su 100mila dopo la vaccinazione, nessuno dopo la seconda dose. Tuttavia, secondo la Fondazione GIMBE, l'incidenza sarebbe doppia (due casi ogni centomila dosi) negli under 50. Poiché i giovani hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare la forma grave della COVID-19 e di morire per essa, come sottolineato da diversi esperti, in un contesto di bassa circolazione virale il rischio di eventi tromboembolici – seppur estremamente basso – supera di fatto quello dei benefici del vaccino nella prevenzione del ricovero in ospedale e del decesso. In parole semplici, per i più giovani verrebbe meno il bilancio favorevole tra rischi e benefici; è per questa ragione che si sta pensando di vietare definitivamente i vaccini a vettore adenovirale sotto una certa soglia di età.

Va comunque ricordato che l'AIFA, dopo le sospensioni legate ai primi casi di trombosi in Europa, ha raccomandato i vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson soltanto per la popolazione over 60, non imponendo tuttavia un vero e proprio divieto. Le Regioni, per somministrare quante più dosi possibili in tempi rapidi e smaltire le scorte di AstraZeneca (che andavano accumulandosi), hanno deciso di organizzare Open Day aperti anche alle fasce di età più giovani, dunque andando apertamente contro le indicazioni dell'AIFA. Camilla, la sfortunata diciottenne di Sestri Levante deceduta a causa di un grave evento tromboembolico, si era vaccinata lo scorso 25 maggio proprio durante uno di questi Open Day. Al di fuori di queste particolari occasioni, definite senza mezzi termini dal microbiologo Andrea Crisanti “da repubblica delle banane”, i giovani non ricevono questi farmaci, ma vengono vaccinati con i sieri a RNA messaggero di Pfizer o Moderna. A seguito della tragedia in Liguria e la crescente preoccupazione nella popolazione, tuttavia, la raccomandazione dell'AIFA sulle fasce d'età potrebbe presto diventare un vero e proprio divieto.

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