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Pantani, arriva l’ultima perizia: “Morte per overdose da farmaci”

Nell’analisi tossicologica effettuata dall’Istituto di Medicina legale di Verona viene “ridimensionata la questione cocaina anche se rimane una concausa” della morte del pirata. Il caso per l’accusa di omicidio (invocata dai familiari) va verso l’archiviazione.
A cura di Biagio Chiariello
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Una overdose di anti-depressivi: troppe pasticche e troppo forti. Così è morto Marco Pantani. Almeno secondo la perizia conclusiva dell'Istituto di Medicina legale di Verona consegnata alla Procura di Rimini. . “Viene ridimensionata la questione cocaina anche se rimane come concausa”, si legge nel rapporto. Il pm del capoluogo romagnolo nel 2013 aveva riaperto il caso dopo la denuncia della mamma del ciclista. Nei giorni scorsi l’istituto veronese ha consegnato l’atto conclusivo delle analisi tossicologiche al procuratore del capoluogo romagnolo Paolo Giovagnoli, titolare del nuovo fascicolo sulla morte del Pirata di Cesenatico. Ora se questi risultati dovessero essere confermati, l’accusa di omicidio cadrebbe e il caso sarebbe definitivamente archiviato. Secondo la famiglia Pantani qualcuno si era introdotto nella stanza del residence in cui il ciclista soggiornava e gli avrebbe iniettato una dose letale della droga pesante. Ed effettivamente delle tracce di cocaina sono state rinvenute nel corpo di Pantani, ma non in dose tali da giustificarne, da sole, il decesso. Ma a ridimensionare il ruolo della droga nel decesso del Pirata, scrive il Corriere della Sera, sono stati due esami: una cromatografia liquida, cioè l’esame che individua le componenti della miscela letale, e una spettometria di massa, che serve a individuare eventuali sostanze sconosciute e il loro peso.

Nessun omicidio, è overdose da farmaci

La conclusione esclude il delitto: in quei giorni di forte depressione Pantani ha assunto psicofarmaci in maniera smodata. Due prodotti in particolare, Venlafaxina e Trimipramina. Insomma alla domanda sulle cause della morte di Pantani – ed in particolare se si è trattato di suicidio o di errore di valutazione nelle dosi – risponde il professor Franco Tagliaro, direttore dell’Istituto di medicina legale scaligero: “L’assunzione eccessiva può essere determinata dal desiderio di risolvere il problema della depressione, sbagliando le dosi, oppure con finalità autosoppressive (gli antidepressivi in questione sono tra i farmaci più comuni impiegati a scopo suicidiario)”. In ogni caso, è escluso il delitto, come invocato con forza da mamma Tonina e dal suo avvocato, Antonio De Rensis. “Non sono emersi elementi tali da ipotizzare concretamente un’assunzione sotto costrizione dei farmaci e dello stupefacente”.

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