Omofobia a Roma, due ragazze aggredite sotto casa da 4 uomini

L’ultimo episodio – denunciato – di omofobia che si è registrato nel nostro Paese arriva da Roma e ha come vittime due donne. Si tratta di Valentina e Rachele, due ragazze definite così in una nota del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli: “Valentina e Rachele sono due ragazze comuni. Lavorano, vivono insieme, hanno una relazione stabile. In quartiere le vedono spesso rientrare a casa insieme. Una coppia che non suscita reazioni. Il quartiere le conosce e hanno rapporti buoni con tutti. Lo scorso 8 maggio le due ragazze, rientrando a casa verso le 22, sono state avvicinate da quattro uomini e uno di loro ha iniziato a insultarle al grido di ‘Lesbiche di merda!’, altri insulti e risate sguaiate. Solo la risposta decisa e un bel po' di sangue freddo ha consentito loro di rispondere agli insulti e di guadagnare l'entrata di casa che era impedita dagli aggressori con fare minaccioso”. La firma è di Andrea Maccarone, il presidente del circolo che ha voluto raccontare la storia delle due ragazze lesbiche al fine di ribadire la necessità di interventi.
L’associazione: “Denunciate sempre ogni forma di sopruso” – Maccarone fa sapere di essere purtroppo abituati ad ascoltare storie come quella di Valentina e Rachele, storie che spesso non vengono neppure denunciate dalle vittime. Una denuncia che, invece, spiegano dall’associazione, va fatta sempre. “Come associazione – si legge nella nota – consigliamo sempre di denunciare ogni forma di sopruso, minaccia verbale e ancor di più aggressione fisica alle competenti autorità, perché sono in gioco la nostra sicurezza e dignità”. Per l’associazione sono assolutamente necessari interventi culturali e di prevenzione perché non si può consentire “che la cultura misogina e omofoba di pochi venga percepita come un comportamento accettabile della nostra società che, nella sua maggioranza, si dimostra sempre più tollerante”. Per questo bisogna reagire, non lasciare che episodi del genere possano essere minimizzati. Perché “solo una condanna unanime è in grado di isolarsi davvero”, conclude la nota.