Omicidio vigilessa, la mamma di Sofia Stefani: “È stata cancellata dal mondo, si fidava di Gualandi”

È il giorno della testimonianza davanti alla Corte d'Assise di Bologna di Angela Querzè, madre di Sofia Stefani, l‘ex vigilessa di 33 anni uccisa dal 63enne Giampiero Gualandi, ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia (Bologna). La donna ha parlato nel corso dell'udienza odierna del processo a carico di Gualandi, accusato dell'omicidio volontario aggravato (dai futili motivi e dal legame affettivo) della collega, con cui aveva una relazione extraconiugale. L'imputato non era presente in aula.
"A Sofia è stata distrutta la faccia. Sofia è stata cancellata dal mondo, ha distrutto la sua identità e il nostro futuro. La nostra vita è cambiata, è cambiata in un pomeriggio. Io sono qui per restituirle quella parte di dignità che le spetta. Sofia era una persona solare, piena di vita, molto attenta alle ingiustizie", ha detto Querzè nel corso della sua testimonianza, più volte interrotta dal pianto durante le domande della legale di parte civile, Lisa Baravelli.
"Lei ci diceva di essere soggetta a mobbing. Ma io ho sentito dalle dichiarazioni in aula che Sofia era soggetta a crisi di panico in ufficio, e io questo non lo sapevo. Leggendo le carte dei medici – ha aggiunto – emerge che lei aveva disistima di se stessa. Dall'esterno l'ambiente dove lavorava l'ho visto come un ambiente disumanizzato, dove le debolezze non erano ammesse. Credo sia il male del mondo, non solo di quell'ufficio".
L'ex vigilessa è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo, al comando di Anzola. Per la difesa dell'imputato si è trattato di un colpo partito accidentalmente durante una colluttazione, mentre per la Procura Gualandi ha ucciso Stefani intenzionalmente.
"Sofia aveva una grande energia, una passione per lo sport – ha continuato la madre tra le lacrime – pattinava, ha vinto tanti trofei anche a livello nazionale. Era una persona attenta alle fragilità. Aveva un talento artistico spiccato, le derivava dal padre, ma era preoccupata del suo futuro. A 33 anni era ancora precaria. Aveva lavorato in tutti i modi possibili, anche come commessa. Ripeto, era preoccupata dal futuro. Voleva poter vivere vicino alla sua famiglia, a Stefano anche (il fidanzato, ndr), che aveva scelto come famiglia. Viveva con Stefano da molti anni. Ma Sofia – ha detto ancora – era anche una bambina, molto immatura". Poi, il rapporto con l'imputato. "Gualandi la seguiva sindacalmente. Di lui si fidava, ne parlava come una persona professionale, che l'avrebbe aiutata sicuramente. Aveva la data delle elezioni come un chiodo fisso in testa, secondo lei sarebbe cambiato il mondo". Durante il processo infatti, è emerso dalle testimonianze che Sofia era convinta che Gualandi l'avrebbe aiutata a tornare a lavorare ad Anzola una volta eletta la nuova Amministrazione comunale.
In aula ha preso la parola anche il padre della ragazza, Bruno Stefani: "Sofia era una ragazza molto bella, molto attraente, molto sensibile, aveva anche delle doti naturali di tipo artistico. Non saprei che altro dire, era una bella persona", ha detto, aggiungendo: "È stato uno sconvolgimento della mia vita la perdita di Sofia. L'unica figlia, mi sono ritrovato orfano di lei. È stato molto difficile da capire, capire le dinamiche che hanno favorito tutto questo e lo hanno provocato. Faccio fatica a dire come sto vivendo il processo, forse come un senso di astrazione dalla vita reale, che è diversa. Mi viene da collocare in una dimensione onirica quasi. Non sono del tutto capace di pensare a cosa sia veramente accaduto e quanto questo mi abbia sconvolto e continuerà farlo. Spero che il tempo continui a passare".