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Omicidio Pamela, perché Oseghale non è stato condannato all’ergastolo e cosa succede ora

Ieri la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna per omicidio e occultamento di cadavere per Innocent Oseghale ma ha annullato con rinvio l’aggravante per violenza sessuale.
A cura di Simona Berterame
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Dopo quattro anni non c'è ancora la parola fine sul processo per la morte di Pamela Mastropietro, la 18enne il cui corpo fatto a pezzi fu trovato in due trolley sul ciglio di una strada di campagna a Macerata. Ieri la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna per omicidio e occultamento di cadavere per Innocent Oseghale ma ha annullato con rinvio l’aggravante per violenza sessuale. In altre parole, non c’è ancora una condanna definitiva. Nessuna conferma dell’ergastolo ottenuto negli appelli precedenti. Ci sarà invece un nuovo processo bis a Perugia solo per quanto riguarda l’accusa dello stupro della ragazza. "La madre di Pamela è amareggiata, per lei è un supplizio – ha dichiarato il legale Marco Valerio Verni, zio della ragazza, subito dopo la sentenza – Speravamo di chiudere questa vicenda oggi ma la decisione dei giudici ci lascia l'amaro in bocca perché dovremmo affrontare un nuovo processo con il rischio di una riduzione della pena".  Soddisfatti invece gli avvocati di Innocent Oseghale, Umberto Gramenzi e Simone Matraxia, che con questo rinvio possono sperare nella riduzione della pena dall'ergastolo a 30 anni di carcere: "Abbiamo rispetto per questa vicenda ma siamo soddisfatti del risultato: ammiriamo il coraggio della Corte".

La storia

Ma cosa è successo a Pamela? Il 29 gennaio 2018 la ragazza, appena 18enne, si allontana dalla comunità di recupero che la ospita a Corridonia, portando con sé un trolley. Due giorni dopo, in quella stessa valigia, verrà ritrovata il suo corpo a pezzi, sul ciglio di una strada di campagna. Durante la sua breve fuga Pamela arriva a Macerata e incontra Oseghale che la convince a salire nel suo appartamento. Lì, secondo l’accusa, l’avrebbe violentata e poi uccisa con due fendenti al fegato. Durante il processo è emerso che il suo corpo sarebbe stato poi lavato con della varechina per cancellare le tracce biologiche. In questi anni Oseghale ha sempre negato di aver commesso l’omicidio e la violenza sessuale, ammettendo però di avere smembrato il corpo della ragazza, morta secondo la sua versione, di overdose dopo aver avuto un rapporto consenziente. Secondo l'accusa invece, Oseghale l'avrebbe violentata, mentre era sotto l'effetto dell'eroina, e uccisa nel timore che lei si riprendesse e lo denunciasse. Una impostazione accolta dai giudici di primo e di secondo grado, che lo avevano condannato all'ergastolo.

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