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Omicidio Bolzano, la confessione di Benno Neumair apre la pista della premeditazione

Alcuni dettagli del racconto dell’omicidio fornito da Benno Neumair aprirebbero la pista della premeditazione, inesistente fino a prova contraria. Vi sarebbero alcuni elementi che farebbero intendere il desiderio di Benno di allontanare da sè il sospetto di un calcolo precedente al giorno dell’omicidio.
A cura di Gabriella Mazzeo
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La confessione di Benno Neumair ha aperto nuovi scenari all'interno dell'indagine riguardante la morte dei due coniugi di Bolzano. Perché i racconti di Benno, il figlio 30enne dei due insegnanti in pensione, sono solo una base dalla quale partire per arrivare ad altro. Altro, perché ci sono ancora dettagli del suo racconto che non tornano. La sua  confessione arriva in due atti: il primo, riassumibile nella frase secca "sì è vero, li ho uccisi io" e il secondo a distanza di settimane, che ha previsto tutti i dettagli del caso sulla dinamica dell'omicidio.

Dalla confessione fornita, secondo gli inquirenti, sembrerebbe che Benno stia ammettendo le sue colpe e cercando di smorzare i toni dell'omicidio, per quanto possibile. Una lite per soldi, come sempre ne aveva con il padre e poi lo strangolamento con una corda per scalare. Lo ha fatto per far stare zitto suo padre, secondo quanto ha raccontato agli inquirenti. Sua madre è tornata qualche ora dopo a casa e lo stesso Benno ha dichiarato di non averle dato neppure il tempo di togliere il cappotto. Ed è qui che scatta il dubbio: il 30enne ha dichiarato secondo le carte che sua madre Laura aveva fatto ritorno a casa quando l'omicidio era "appena successo". Non combacia con il cellulare di Peter spento da molto prima di quello di Laura. L'idea che possa averla strangolata non appena arrivata sulla porta escluderebbe la premeditazione, ma in quest'ipotesi c'è qualcosa che non torna.

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Tanto per iniziare, sempre secondo quanto riportato dalle carte, Benno aveva detto all'amica dalla quale ha passato la notte che avrebbe raggiunto la sua abitazione in auto. Un dettaglio non da poco, poiché per sua stessa ammissione i genitori non gli permettevano di utilizzare l'auto di famiglia. Erano assolutamente contrari, tanto da aver deciso di nascondergli le chiavi. Invece Benno sapeva qualche sera prima che avrebbe usato quell'automobile. Gli inquirenti si chiedono come mai. Il 30enne ha inoltre raccontato di aver gettato l'arma del delitto e persino il suo cellulare. Perché gettare il proprio cellulare personale e non lasciarlo a casa durante il viaggio per disfarsi dei corpi? Cosa avrebbe potuto rivelare? L'ultimo grande dettaglio da analizzare è la sua richiesta alla scuola nella quale faceva supplenza di allungare le vacanze di Natale di quattro giorni. Perché una richiesta simile alla struttura? Potrebbe quindi essere dimostrata la premeditazione del delitto, che in questo momento non è esclusa. Si tratta però di una pista, quella della premeditazione, che dovrà fare a botte  con la richiesta di sottoporre il 30enne a perizia psichiatrica. Dai racconti dei familiari emerge un uomo egoista, narciso e dai tratti estremamente infantili. Il 30enne cadeva spesso in deliri persecutori, tanto da fingere persino un'aggressione in Germania, nel periodo in cui viveva lì con l'ex fidanzata. Lì gli era stata diagnosticata una schizofrenia paranoide, che poi in Italia si era tramutata nella diagnosi più morbida di bipolarismo leggero.

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