Muore dopo una storta, la moglie chiede giustizia. Indagato il medico di base

La vicenda che arriva da Bologna e che è stata raccontata dal Resto del Carlino risale allo scorso gennaio quando un libero professionista di 56 anni, Eugenio Flaviano, è morto per una tromboembolia polmonare, poco tempo dopo essere stato curato per una storta a una caviglia. Una morte che, in seguito alla denuncia di Crocetta Cosentino, moglie di Flaviano, vede recapitare al medico di famiglia che lo aveva in cura un avviso di garanzia. Perché, dice la moglie della vittima, quell’uomo “grande e grosso” stava bene prima della distorsione alla caviglia e della successiva ingessatura: ora non c’è più e chiede giustizia, afferma la donna, “affinché tragedie come la sua non capitino mai più”. La tragica vicenda di Flaviano risale allo scorso gennaio ma l’avviso di garanzia al medico è stato inviato dalla Procura solo nei giorni scorsi: il sospetto è che la terapia a base di eparina somministrata al paziente non fosse sufficiente e che per questo sia sopraggiunta la tromboembolia che l’ha ucciso. E secondo il perito della famiglia il medico in questione avrebbe contribuito al calvario (e alla morte) dell’uomo a causa di un “mancato intervento”.
La storta, la successiva terapia e poi il decesso – Il calvario medico di Eugenio Flaviano è iniziato con precisione l’11 gennaio quando, inciampando per strada, l’uomo si è procurato una distorsione alla caviglia. Il fastidio l’ha spinto in ospedale dove la sua caviglia è stata ingessata e a lui è stato prescritto un farmaco anticoagulante. Ma il gesso, secondo quanto ha spiegato la moglie, gli ha procurato da subito un gran fastidio: prima un semplice prurito, fino a giungere a dei dolori più preoccupanti. La prima visita di controllo avviene il 27 gennaio quando, secondo l’esposto presentato dalla famiglia, Flaviano viene visitato da due infermiere. Successivamente la situazione non migliora, alla guardia medica gli consigliano un antinfiammatorio. L’uomo peggiora sempre di più, arriva a tossire sangue, il suo medico di base gli prescrive via telefono una tachipirina e dice di visitarlo dopo 4 giorni. Ma a quel punto le sue condizioni sono già critiche: viene mandato al pronto soccorso dove dovrà aspettare ancora, quando lo visitano è infatti già troppo tardi.