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Morto Giancarlo Stiz: un leale servitore della Repubblica

Educazione militare, grande senso del dovere e soprattutto rispettoso del mandato costituzionale, un magistrato inflessibile nel vortice della strategia della tensione.
A cura di Marcello Ravveduto
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Nel pomeriggio del 12 dicembre 1969 un ordigno esplode nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana a Milano, uccidendo 17 persone e ferendone 88: è l'inizio della "strategia della tensione".

L’articolo 54 della Costituzione così recita: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge».

I costituenti, redigendo il primo comma di questo articolo, pensavano a cittadini che per senso del dovere e convinzione rispettano le leggi della Repubblica. Si appellavano ad un ideale di fedeltà intesa come sentimento diverso dall’obbedienza e dalla sottomissione in quanto frutto di una persuasione interiore in grado di mobilitare la coscienza etica degli italiani.

Nel secondo comma il richiamo alla disciplina e all’onore non ha nulla a che vedere con i principi autoritari di società gerarchiche. L’onore, in questo caso, è il riconoscimento della particolare superiorità ed eccellenza che dobbiamo alle persone oneste solo ed esclusivamente in virtù della loro onestà, l’integrità con cui assolvono ai loro doveri pubblici. Un ragionamento analogo vale per il termine disciplina indicata quale capacità dell’individuo di sottoporsi a regola e sforzo ordinato per raggiungere un fine capito e voluto. Una disciplina che è soprattutto autodisciplina, basata, ancora una volta, sul senso del dovere come congiunzione dell’individuo alla comunità nazionale. I magistrati sono tra coloro a cui si chiede disciplina ed onore perché per statuto devono servire il bene comune dopo aver giurato sulla Costituzione.

Senza questa premessa non sarebbe possibile comprendere l’intransigenza di un giudice come Giancarlo Stiz. Forse il suo modo di essere era connaturato alla sua educazione: figlio di un ufficiale degli alpini, decorato durante la Grande Guerra, e nipote di un generale dei Carabinieri. Senza dimenticare che lui stesso era stato destinato alla carriera militare, alla quale preferirà il concorso in magistratura.

Il suo nome è legato alla “Pista veneta” dell’attentato dinamitardo di piazza Fontana a Milano. Ecco come ricorda il fatto in un’intervista del 2009: «Nel 1971 a 43 anni ero l’unico giudice istruttore del tribunale di Treviso. Capitò che mi arrivasse dalla procura una richiesta di archiviazione di un fascicolo nato da dichiarazioni di un professore di scuola media e segretario di una sezione dc, Guido Lorenzon: ex compagno di collegio del libraio neofascista Giovanni Ventura, dopo la strage di piazza Fontana aveva ricollegato a quell’evento alcuni racconti che, appena prima, Ventura gli aveva fatto. (…) Lessi tutte le carte. Sarebbe bastato mettere un bel timbro, e dire che sì, che era giusta l’intuizione della procura ma che non c’era abbastanza prova per fare un processo. Però non si poteva mettere la testa sotto la sabbia. Volli risentire io sia Lorenzon sia Ventura, poi li misi a confronto e mi convinsi che Lorenzon diceva il vero. Così aprii l’istruttoria».

In “Romanzo di una Strage”, Marco Tullio Giordana, ricostruisce l’incontro tra Lorenzon e Stiz. Dopo aver ascoltato il racconto dell’insegnate sui “botti ingenui” dei neofascisti (ovvero gli ordini leggeri piazzati sui treni alla fine degli anni Sessanta) il giudice sbotta: «Mi scusi, professore. Lei è una persona perbene; lei insegna, è consigliere comunale della Democrazia cristiana. Ora, lei sente per mesi uno che le dice che bisogna fare come in Grecia, che parla di bombe sui treni, bombe per le quali poi sono stati arrestati degli anarchici, evidentemente innocenti, e lei non fa niente? Non viene in procura a raccontare tutto… Se l’avesse denunciato prima forse avrebbe evitato al suo amico un possibile ergastolo… Ma si rende conto della responsabilità che grava sulle sue spalle? Tutti quei morti, quelle persone che passeranno il resto della loro vita da invalidi. Lei ora di fronte a queste cose ha dei problemi di “amicizia”. Guardi professore io voglio essere ancora più chiaro con lei. Se lei ora ha intenzione di ritrattare quanto appena detto io l’accuso di calunnia aggravata. Sono quattro anni di carcere». Infine lo spinge ad incontrare Ventura, incontro al quale partecipa anche Freda, per registrare la conversazione sperando che si tradisca.

https://www.youtube.com/watch?v=g02R9Se8Em4

Giordana ne dà un’immagine di uomo tutto d’un pezzo, ma soprattutto di un giudice che contrasta i perversi meccanismi del sistema giudiziario: alcuni innocenti (gli anarchici) sono stati accusati ingiustamente perché un cittadino a cui sono state affidate «funzioni pubbliche» (insegnate e consigliere comunale) non si è comportato con «disciplina e onore», dimostrando slealtà verso la Repubblica. Peraltro essendo democristiano dovrebbe sentire più di ogni altro l’esigenza di tutelare la democrazia dei partiti dall’ondata di terrore provocata dalla “strategia della tensione”

Nel marzo 1972, con il pm Pietro Calogero, fa arrestare Pino Rauti, appena rientrato nel Msi. «Si scatenò il finimondo (…) Ci furono manifestazioni, proteste, campagne di stampa». Stiz viene etichettato dai neofascisti «giudice comunista». Subisce, per questo, molte minacce anonime, anche di morte, per posta e per telefono. Per otto anni vive sotto scorta. Divenuto, suo malgrado, un personaggio pubblico schierato contro l’eversione nera, il Pci gli offre il collegio senatoriale di Chioggia, dove il partito raccoglie il 60% dei consensi. La sua risposta: «Dissi di no. Sono magistrato e non faccio il politico». Del resto è dalla politica che arrivano gli attacchi al regime repubblicano e quindi per difendere le libertà sancite dalla Costituzione bisogna rimanere in trincea a combattere, come un buon soldato. Ma quando, ormai a fine carriera, si rende conto che ai magistrati non è consentito esercitare il mandato costituzionale, per carenze organiche e deficit organizzativi, si dimette anticipando la pensione: «Io sono un garantista, ma a queste condizioni non ci sto: anche la società ha il diritto di essere difesa dai criminali».

Qualcuno ha scritto che la Stato gli deve riconoscenza, ma con ogni probabilità Stiz gli avrebbe risposto che ha fatto solo il proprio dovere agendo con «disciplina e onore» e dimostrando con i fatti come si deve comportare un fedele servitore della Repubblica.

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