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Morte di Vattimo, il compagno Caminada nominato erede universale: “Vide il marcio negli amici”

Dopo la morte del filosofo Gianni Vattimo, il compagno Simone Caminada ha dichiarato di essere stato nominato “erede universale” in un nuovo testamento redatto dopo aver testimoniato a suo favore nel processo che lo vedeva accusato di circonvenzione di incapace. Caminada aveva già ereditato alcune opere d’arte e il 50% della casa di via Po.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Nel 2018 il filosofo Gianni Vattimo, scomparso martedì 19 settembre, ha redatto due testamenti: il primo riguardava gli amici con cui condivideva la quotidianità e la moglie (all'epoca non ancora ex) Martine Tedeschi, il secondo rigurdava il compagno Simone Caminada, 38 anni, che poi è stato nominato erede universale. Il giovane ha ereditato il 50% della casa di via Po e le opere d'arte. Entrambi i testamenti sono sotto sequestro e agli atti del processo per circonvenzione di incapace.

Il 38enne è stato condannato a due anni e i due documenti redatti dal filosofo non possono essere pubblicabili. In sostanza, sono stati dichiarati senza valore. Per Caminada, però, la nomina a erede universale è però valida. Non si sa con precisione quando sia stato redatto l'ultimo testamento, ma stando a quanto raccontato dal 38enne al Corriere della Sera, sarebbe stato scritto dopo la testimonianza del filosofo in suo favore. Secondo quanto da lui sottolineato, "lo avrebbe scritto dopo aver visto il marcio nei suoi ex amici".

Vattimo testimoniò a favore del fidanzato 38enne nel febbraio del 2022 e, stando alle parole del giovane, il documento sarebbe successivo a quella testimonianza. L'eredità culturale ed economica del filosofo resta per ora avvolta nel mistero: l’archivio delle opere, le dispense, gli appunti e le trascrizioni delle sue lezioni sono all’Università Pompeu Fabra di Barcellona, blindati da un accordo ventennale stipulato nel 2016.

Caminada ha raccontato di aver raccolto le ultime volontà del filosofo, con il quale parlava spesso della morte. Gli ultimi mesi in montagna erano stati all'insegna della buona salute ma poi, tornato a Torino, si sarebbe "lasciato andare". Secondo il 38enne, si sarebbe sentito minacciato dalla Procura per la nomina dell'amministratore di sostegno. "Si sentiva un perseguitato – ha spiegato il compagno del filosofo – e a un tratto ha deciso di non lottare più. Non mangiava e non beveva".

Sabato alle 10 saranno celebrate le esequie del filosofo nella chiesa di San Lorenzo, in piazza Castello.

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