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Matteo Messina Denaro

“Messina Denaro protetto anche da chi ha fatto finta di non vedere, Cosa Nostra si trasformerà”

La latitanza di Matteo Messina Denaro sarebbe stata favorita nel tempo da una rete di fiancheggiatori fedelissimi e dall’indifferenza della rete sociale. Lo ha detto a Fanpage.it il Tenente Colonnello Antonello Parasiliti Molica, comandante del Reparto Anticrimine di Palermo.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Matteo Messina Denaro
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Nella serata di ieri, giovedì 19 gennaio, è stato individuato il terzo covo di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra latitante per 30 anni e arrestato nella mattinata di lunedì presso la clinica "La Maddalena" di Palermo. La presunta "base" si trova in via San Giovanni a Campobello di Mazara, lì dove è stata individuata l'abitazione del boss e il bunker nascosto dietro il fondo scorrevole di un armadio.

Le ultime evidenze delle indagini sottolineano l'esistenza di una rete massiccia di "aiutanti" che negli anni ha fornito a Messina Denaro nascondigli, denaro e protezione per la latitanza.

"Il fatto che i boss abbiano bisogno di restare sul territorio per gestire gli affari ce lo insegna la storia – ha affermato il Tenente Colonnello Antonello Parasiliti Molica, comandante del Reparto Anticrimine di Palermo, in un'intervista rilasciata a Fanpage.it -. Gestiscono i loro interessi comunicando in maniera mediata con gli intermediari, quasi sempre è così. Messina Denaro ha goduto ovviamente di una rete di fiancheggiatori fedelissimi ma probabilmente ha fatto affidamento anche su una rete sociale che per timore o indifferenza potrebbe aver fatto finta di non vedere".

Matteo Messina Denaro poco prima dell'arresto
Matteo Messina Denaro poco prima dell'arresto

Nelle ultime ore sono stati individuati diversi nascondigli a Campobello di Mazara. In uno di questi sarebbe stata trovata anche un'agenda con contabilità e frasi ancora da decifrare: appare evidente che Messina Denaro abbia continuato a gestire i suoi affari e comunicare con l'esterno. Cosa lo ha reso possibile?

Non sappiamo da quanto tempo fosse a Campobello di Mazara, la sua latitanza è durata 30 anni. È possibile che nel tempo si sia spostato, non possiamo saperlo. Il fatto che i boss abbiano bisogno di restare sul territorio per gestire gli affari ce lo insegna la storia. Gestiscono i loro interessi comunicando in maniera mediata con gli intermediari. In questa storia ci sono sì fiancheggiatori che si sono macchiati di condotte penalmente rilevanti, ma potrebbe esserci anche una rete sociale che per timore, indifferenza o altri motivi potrebbe aver fatto finta di non vedere.

Ci sono ipotesi sui settori nei quali Messina Denaro investiva?

Questo è uno dei pochi casi in cui esistono riferimenti chiari agli ambiti di interesse del boss. Indagini e sentenze ci restituiscono con certezza dati sugli affari nel settore dell'eolico e della grande distribuzione alimentare, per esempio. Anche la comunicazione con gli affiliati è stata appurata dalle indagini. Teniamo conto che il modello di mafia di Messina Denaro è corleonese, quindi di stampo "stragista", ma anche fortemente imprenditoriale.

Perché la scelta di distaccarsi dal cliché del boss latitante e di mimetizzarsi tra la gente?

Qui mi concentrerei su due aspetti: il primo è sicuramente quello della tradizione dei latitanti della provincia di Trapani che quasi mai sono stati trovati in bunker o tuguri, ma di sovente in abitazioni ben curate e inserite in contesti urbani. Siamo lontani dal modello Provenzano, per intenderci. Il secondo fattore da considerare è che negli ultimi 10 o 15 anni il contesto intorno a Messina Denaro è stato fortemente indebolito dalle operazioni di contrasto delle forze dell'ordine. La catena dei fiancheggiatori ne ha risentito e questo ha reso più difficile al boss procurarsi nuovi nascondigli.

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Il periodo di latitanza è stato molto lungo, possiamo credere che sia stato all'estero prima di tornare in Italia?

Per molti versi è stato un latitante atipico, è plausibile che possa aver trascorso un periodo all'estero, ma sempre provvisoriamente. Non possiamo saperlo, dobbiamo attendere le indagini.

Messina Denaro ha già detto di non voler collaborare con lo Stato. Questo deve farci pensare che possa aver già stabilito una successione?

Ogni ipotesi sulla scelta di collaborare o sulla successione sarebbe prematura. Formulare teorie sarebbe affrettato, soprattutto se pensiamo al "dopo Messina Denaro" nei termini di una figura che possa raggiungere quel grado di influenza su Trapani e sul resto della criminalità organizzata.

Però è lecito credere che la Mafia sia già andata avanti? Che abbia già in mente il passo successivo?

Questa domanda ricorre, ma è normale che sia così. Credere che con questo arresto sia finita Cosa Nostra è assurdo. La sfida è proprio questa: capire che forma avrà adesso Cosa Nostra e quale direzione potrebbe prendere.

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