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Manuel Careddu ucciso dal branco con “violenza inaudita”: “Assassini ridevano e cantavano”

Le motivazioni della sentenza per i due minorenni che sono stati condannati a sedici anni per l’omicidio di Manuel Careddu, diciottenne di Macomer ucciso nel settembre dello scorso anno. Il delitto del lago fu “preorganizzato” ed “espressione di un impulso spropositato rispetto al bieco movente”.
A cura di Susanna Picone
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La vittima Manuel Careddu
La vittima Manuel Careddu

L’omicidio di Manuel Careddu è stato “consumato con violenza inaudita”. È stato un delitto “preorganizzato” da cinque persone ed “espressione di un impulso spropositato rispetto al bieco movente”. È quanto i giudici hanno scritto nelle motivazioni di una delle due sentenze relative al cosiddetto “delitto del lago” avvenuto in Sardegna. Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui il tribunale dei minori di Cagliari ha condannato a sedici anni di carcere i due giovanissimi del branco che ha ucciso Manuel Careddu. Il ragazzo di diciotto anni di Macomer (Nuoro), “colpevole” di aver chiesto il pagamento di una piccola partita di droghe leggere ceduta tempo prima alla ragazza condannata, cadde nella trappola del branco e fu massacrato a colpi di piccone e badile l'11 settembre del 2018 sulle sponde del lago Omodeo e poi fu seppellito in un terreno di Ghilarza, dove venne scoperto solo un mese dopo il delitto.

Omicidio Manuel Careddu: il ragazzo ingannato dal branco

Nelle motivazioni della sentenza si fa riferimento a un movente "accompagnato da subdole modalità, approfittando del giovanissimo Manuel, trascinato con l'inganno in un luogo isolato e di notte per neutralizzare qualsiasi possibilità di scampo per un soggetto già in svantaggio personale”. La sentenza di condanna nei confronti dei due minorenni del gruppo, un ragazzo e una ragazza che al momento del fatto avevano diciassette e sedici anni, risale all’inizio di luglio e oggi gli avvocati difensori hanno potuto leggere le 167 pagine di motivazione scritte dalla presidente del tribunale Michela Capone, affiancata dai giudici onorari Marzia Mameli e Mario Meloni. Pochi giorni dopo la fine del processo per i due minorenni è arrivata la sentenza anche dell’altro processo, quello a carico dei maggiorenni del branco, tutti ventenni di Ghilarza: Christian Fodde, indicato come l’autore materiale del delitto, è stato condannato all’ergastolo, trenta anni a Riccardo Carta e sedici anni e otto mesi a Matteo Satta.

Omicidio Manuel Careddu: le motivazioni della sentenza di condanna

“Un omicidio consumato con violenza inaudita e per la cui impunità gli imputati si sono determinati alla soppressione del cadavere, vilipeso e trattato come pattume, con lesione del diritto dei congiunti di disporre del corpo di Manuel per dargli la degna sepoltura”, si legge ancora nella sentenza. “Gli imputati – è un altro passaggio delle motivazioni che riguardano i due minorenni – hanno manifestato un'allarmante tendenza a porre in essere comportamenti scellerati pur di conseguire obiettivi abietti. Entrambi hanno perso i valori fondamentali, il senso di rispetto per la vita e la pietà per la morte. Sguarniti di empatia, sin da principio, hanno avuto assoluto distacco emotivo: vanno ad ammazzare mentre mangiano pizzette, bevono coca-cola, fumano una sigaretta, chiacchierano, come se uccidere un coetaneo fosse un diversivo ordinario in una serata qualunque e, progressivamente, sono apparsi sempre più immuni alla sofferenza e al dolore altrui".

A ideare l'omicidio di Manuel i due minori e Christian Fodde

I due minorenni, insieme a Christian Fodde, sono coloro che hanno ideato l'omicidio di Manuel, ne hanno predisposto l'organizzazione, raccogliendo mezzi e persone. “È emerso dagli atti – scrive il tribunale – che l'intento degli imputati e dei complici fosse quello certo di far sparire il cadavere di Manuel e sottrarlo, per sempre, alle ricerche altri, per garantirsi l'impunità”. La minore, unica donna del gruppo, era la fidanzata di Fodde e “risulta avere avuto un ruolo di rilievo”. In questa tragedia gli imputati hanno pure riso, cantano, scherzano, hanno continuato a fare una vita normale, a riunirsi, a drogarsi, a fingere che nulla fosse accaduto, sicuri di poter ingannare anche gli inquirenti”, si legge nelle motivazioni della sentenza. Il tribunale si sofferma sulla "mancanza di regole elementari e l'assorbimento di quelle tipiche della logica criminale" riscontrate nei due minorenni. La sentenza chiarisce che rispetto al grado di partecipazione concorsuale non c'è differenza tra i due minori: “La ragazza ha assunto un ruolo infungibile anche sul piano causale: è lei che aveva con Manuel un rapporto qualificato dall'amicizia da anni e dagli interessi nel traffico di stupefacenti. E di lei Manuel, che poco o nulla conosceva degli altri, si è fidato, cadendo nel tranello ordito dai suoi aguzzini”. L’altro minore invece ha condiviso il piano omicida sin dalla fase dell'ideazione e si è impegnato concretamente per il suo avvio.

La dinamica del delitto del lago: Manuel colpito alle spalle

A uccidere materialmente Manuel fu Christian Fodde e ora la dinamica del delitto viene riportata anche nelle motivazioni della sentenza: “Mentre Manuel gli camminava a fianco – scrivono i giudici – Fodde aveva preso il picco, facendo una giravolta su se stesso per non fargli vedere l'arnese, e con il picco lo aveva colpito da dietro, al lato della testa. Manuel era caduto a terra, non aveva urlato, ma era riuscito a pronunciare solo poche parole (…mi ha infamato Sara…)". "Riccardo Carta, lì presente, aveva tenuto il Careddu a terra, afferrandolo per il collo. Fodde, a suo dire, aveva chiesto al minore di legare le mani di Manuel, ma poiché esitava, lo aveva fatto lui: aveva preso una fune dal cassone dell'Ape, parcheggiata lì vicino, e aveva legato prima le mani tra loro e poi i piedi alle mani. Aveva prelevato quindi una pala, sempre dal cassone dell'Ape, e aveva colpito il ragazzo più volte, dall'alto verso il basso, mirando alla testa. Era stato solo lui a colpirlo”. La fidanzata di Fodde, che aveva fatto da esca, aspettava in auto.

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