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L’uomo accusato di aver stuprato una dipendente a Prato 18 anni fa sequestrò una ragazza e la seviziò col taser

Riccardo Vannucchi, 59enne di Prato, arrestato per stupro dopo aver drogato una dipendente. Era già stato condannato per sevizie e sequestro nel 2007.
A cura di Davide Falcioni
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Si chiama Riccardo Vannucchi il 59enne di Prato arrestato nei giorni scorsi dai carabinieri con l’accusa di aver drogato e violentato una giovane collega di 24 anni, assunta da pochi giorni in una piccola azienda di Prato specializzata nella riparazione di macchine da caffè. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe approfittato della posizione di fiducia e del contesto lavorativo per colpire.

Ma non si tratta di un episodio isolato. Diciotto anni fa Vannucchi era già stato protagonista di una vicenda di estrema violenza. Era il primo giugno 2007 quando attirò una donna di 26 anni con un falso annuncio di lavoro da segretaria. Fingendosi imprenditore, fissò un appuntamento e la fece salire in auto a Sesto Fiorentino. Da lì iniziò un incubo durato ore: l’uomo la portò tra le zone industriali di Empoli, la strangolò con una cravatta fino a farle perdere i sensi e la lasciò legata all’interno dell’auto, parcheggiata in un’area isolata di Fucecchio. Al risveglio, la donna fu torturata con un taser e riuscì a salvarsi solo trovando la forza di fuggire. Vannucchi venne arrestato poco dopo a Colle Val d’Elsa e successivamente condannato.

Oggi il suo nome torna al centro di un’indagine coordinata dalla Procura di Prato. I carabinieri hanno ricostruito in tempi rapidi quanto sarebbe accaduto grazie alla denuncia immediata della giovane vittima. I fatti risalirebbero a un lunedì di inizio settimana: Vannucchi, che gestiva l’attività, avrebbe convinto la ragazza a trattenersi oltre l’orario di lavoro e le avrebbe offerto un pasto d’asporto. Nella minestra, secondo l’accusa, sarebbe stata sciolta una sostanza a base di benzodiazepine.

Poco dopo la 24enne avrebbe perso conoscenza, risvegliandosi in un camper utilizzato dall’uomo come abitazione, con addosso abiti diversi da quelli indossati in precedenza. Confusa e spaventata, la giovane si è rivolta al pronto soccorso per accertamenti medici, temendo di aver subito una violenza. Gli esami non hanno rilevato segni evidenti di aggressione, ma le indagini sono proseguite.

Determinanti, secondo gli investigatori, sarebbero state le immagini delle telecamere interne all’azienda, che avrebbero documentato l’abuso. Durante l’interrogatorio, Vannucchi avrebbe infine ammesso i fatti.

Una traiettoria criminale che, a distanza di quasi due decenni, sembra riproporre lo stesso schema: l’inganno, la perdita di coscienza della vittima, la violenza consumata in luoghi isolati. Elementi che oggi pesano sull’accusa e sulla figura di un uomo già condannato per sequestri e sevizie, tornato a colpire.

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