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Luana D’Orazio trascinata da una staffa nell’orditoio a massima velocità e senza protezione

La perizia tecnica sull’orditoio in cui è morta la giovane Luana D’Orazio conferma i risultati preliminari dell’inchiesta sull’incidente mortale sul lavoro avvenuto lo scorso 3 maggio in una fabbrica in Provincia di Prato. Secondo la perizia, la ragazza è stata trascinata da una staffa sporgente mentre il macchinario stava viaggiando a velocità massima.
A cura di Antonio Palma
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Luana D'Orazio
Luana D'Orazio

Il macchinario nel quale è morta la 22enne Luana D’Orazio era stato sottoposto a manomissione alla parte meccanica dell’apparecchiatura che ha permesso alla macchina di lavorare in automatico alla massima velocità anche senza saracinesca di protezione. La perizia tecnica sull’orditoio in cui è morta la giovane Luana D’Orazio conferma quindi i risultati preliminari dell’inchiesta sull’incidente mortale sul lavoro avvenuto lo scorso 3 maggio in una fabbrica di Oste di Montemurlo, in Provincia di Prato. Secondo la perizia, la ragazza è stata trascinata da una staffa sporgente nel macchinario, dove ha trovato una morte orribile.

Secondo la relazione che il tecnico incaricato dalla Procura di Prato, in quel momento l’orditoio stava viaggiando a velocità massima, la fase più pericolosa durante la quale il macchinario è protetto da una grata proprio per evitare simili incidenti. Una saracinesca di sicurezza dotata di un sensore che non fa attivare la macchina se non è abbassata ma che qualcuno ha manomesso proprio per non bloccare il macchinario e quindi la lavorazione. Secondo la ricostruzione, quel tragico giorno Luana si è sporta o comunque si è avvicinata più del dovuto al macchinario e una staffa laterale che gira insieme al grande rotolo orizzontale l’ha agganciata trascinandola dentro senza dare scampo alla ventiduenne che è mota in pochi secondi, deceduta per schiacciamento del torace come ha stabilito l’autopsia.

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Il fatto che il macchinario lavorasse nella fase in automatico e non in quella manuale è un dettaglio molto importante ai fini dell’inchiesta dei pm toscani che ipotizzano i reati di omicidio colposo e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Tre sono gli indagati: la titolare dell’azienda Luana Coppini e suo marito Daniele Faggi, che gli investigatori indicano come il gestore di fatto dell’azienda, e il manutentore dei macchinari della ditta.

“Mia figlia era un’apprendista ma non era assistita da nessuno. Mi aveva detto che, anche se il suo apprendistato sarebbe terminato a marzo, le avevano assegnato un ragazzo che doveva imparare” ha rivelato la madre, aggiungendo: “Non sappiamo se era con lei al momento dell’incidente. Suo padre le aveva detto di premunirsi, ma lei non voleva perdere il lavoro. Era senza grembiule o camice. Si è dovuta comprare le forbicine per tagliare i lacci della macchina. Sono molte le ombre che dovranno essere chiarite”.

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