L’Isola di Pasqua respinge i turisti con un referendum per rimanere covid free
Tenere fuori i turisti, nonostante siano una delle principali risorse del territorio, solo per restare covid free. È quanto hanno chiesto i cittadini dell’Isola di Pasqua attraverso un referendum consultivo nel quale è stato chiesto alla popolazione se riaprire o meno al turismo dopo essere riusciti a tenere sotto controllo la diffusione del contagio da coronavirus, diventando una delle poche aree covid free al mondo. I residenti che hanno partecipato al referendum si sono espressi a larga maggiorana contro il ritorno degli stranieri visto che il sessantasette per cento ha detto no ai turisti. Una percentuale di cui dovranno ora tener conto le autorità sanitarie locali a cui spetta la decisione finale, anche se l'esito del referendum non è vincolante.
Operatori turistici: "Turismo è fonte principale dell'economia"
Nonostante siano tagliati fuori dal mondo da più di un anno e mezzo e non vedano un turista dal marzo dello scorso anno a causa della pandemia di Covid, gli abitanti dell'Isola di Pasqua dunque continuano a ritenere maggiormente vantaggioso tenere chiusi i confini e lontani i turisti, in quanto possibili veicoli di contagio. Alla domanda posta dal referendum, ovvero "Volete aprire l'isola ai turisti a gennaio?", la maggioranza infatti è stata chiara. Eppure il referendum non è stato apprezzato dai tanti operatori turistici locali che ne contestano il risultato sostenendo che l'80% degli isolani non è riuscito a votare. "L'isola trae le sue entrate dall'industria turistica. È la fonte principale dell'economia", ha affermato Salvador Atan, vicepresidente della comunità locale Ma'u Henua, che amministra il Parco Nazionale Rapa Nui.
Sull'Isola di Pasqua il 73% vaccinato contro il covid
I favorevoli al ritorno del turismo ricordano inoltre che oltre il 73% della popolazione dell'isola di Pasqua, composta da circa 10mila abitanti, è vaccinata contro il Covid-19 e ha registrato appena otto casi di Covid-19 e nessuna nuova infezione da settembre 2020. Dall’altra partire c’è chi sottolinea come una comunità così piccola sia molto soggetta a un possibile focolaio covid e che il centro medico di Hanga Roa, la capitale, non dispone di unità di terapia intensiva ed è necessario il trasferimento dei pazienti in Cile da ci però dista oltre 3mila chilometri.