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“Lei lavora”, papà smette di versare l’assegno alla figlia maggiorenne: condannato a due mesi

L’uomo da anni aveva smesso di versare l’assegno previsto dopo il divorzio ed è stato denunciato dalla figlia per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza. “Da quando è maggiorenne ha sempre lavorato e questo per me era motivo di orgoglio” ha spiegato l’uomo, ma la trentenne ha ricordato che i suoi sono solo lavori parti time e precari.
A cura di Antonio Palma
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Visto che la figlia era ormai maggiorenne e aveva anche trovato un lavoro part time, lui aveva smesso di versarle l’assegno stabilito dopo il divorzio, ma la ragazza si è rivolta al tribunale che ha dato ragione alla trentenne condannando il padre a sborsare immediatamente gli arretrati in favore della figlia. Un problema non di poco conto visto che anche se lui si è dichiarato nullatenente e attualmente è senza lavoro. Come racconta Repubblica, il caso è finito davanti a Tribunale di Torino dopo che la figlia aveva denunciato il padre cinque anni fa quando aveva 28 anni. In realtà i rapporti in famiglia, dopo il divorzio del 2000, erano già molto tesi. All’epoca il giudice aveva stabilito che l’uomo dovesse versare 500mila lire all'ex moglie. Secondo la ragazza, il genitore però già nei primi anni saltava alcune mensilità poi, dal dicembre del 2012, ha cessato ogni versamento.

Poi è arrivata la denuncia e il processo che ha visto l’uomo imputato per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia maggiorenne. Portato in Tribunale, l’uomo si è difeso sostenendo di aver interrotto l’assegno perché ormai la figlia era maggiorenne e lavorava. “Se mia figlia fosse stata disabile o avesse avuto dei problemi, sarei andato anche a rubare per darle dei soldi. Ma da quando è maggiorenne ha sempre lavorato e questo per me era motivo di orgoglio" ha sostenuto l’uomo raccontando inoltre le sue difficoltà finanziarie.

Una tesi che non è stata accolta dal giudice anche perché la trentenne ha sottolineato che i suoi sono stati sempre lavori saltuari o part time che non le permettono nemmeno di andare a vivere da sola ma la costringono a restare con la madre. Il padre quindi è stato quindi condannato a due mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena a patto che versi subito una provvisionale di 3mila euro in favore della figlia.

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