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Covid 19

L’avvocato che sfida big pharma spiega come lo Stato può espropriare i brevetti dei vaccini Covid

Giancarlo Cipolla, avvocato civilista, ha al suo attivo diverse cause vinte contro le multinazionali. E spiega a Fanpage.it, leggi alla mano, che l’Italia per ragioni di emergenza possa espropriare alle aziende produttrici del vaccino Covid il brevetto del loro farmaco. E che è a loro, e non allo Stato, che spetterebbe risarcire l’eventuale decesso di un paziente morto a causa del vaccino.
A cura di Stela Xhunga
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Espropriare il brevetto del vaccino. Non rendere la licenza obbligatoria, come pure si sta discutendo ormai da mesi, no, espropriarlo, tramite reverse engineering, ingegneria inversa, più banalmente: riproduzione. A prevederlo è il Codice industriale della legge italiana. E ancora: far pagare alle aziende farmaceutiche i danni causati e non allo Stato tramite un indennizzo che oggi, nel caso sfortunato in cui sia stabilito un nesso causale tra l'inoculazione dal vaccino e la morte del vaccinato, è a carico dei contribuenti, grazie alle clausole di garanzia firmate tra l’Unione europea e le case di produzione. A quanto ammonta l'indennizzo in caso di decesso? 77.468,53 euro ai sensi dell’art. 2 della Legge 210 del 1992.

Fanpage.it ha incontrato l’avvocato civilista Giancarlo Cipolla, esperto di diritto industriale e per nulla convinto dell’invincibilità delle multinazionali, incluse le Big Pharma, non fosse altro perché ne ha portate in tribunale diverse, vincendo. Nel suo studio a Milano sfogliamo la sua tesi di laurea dal titolo “Licenza obbligatoria di brevetto”, la dedica, asciutta, recita “Ad Albert Sabin”, medico virologo famoso per aver sviluppato il più diffuso vaccino contro la poliomielite. “Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. È il mio regalo a tutti i bambini del mondo”. Intanto, nella serata del 9 aprile, AstraZeneca ha avvisato l’Afp che consegnerà in ritardo i lotti previsti questa settimana nei Paesi dell'Unione europea.

Avvocato, lei sostiene che ci siano i termini per espropriare i brevetti dei vaccini. Ci aiuti a capire meglio.

Espropriare i brevetti non significa toglierne la proprietà al produttore, bensì acquisire il diritto di produrre autonomamente i vaccini a fronte di un compenso da riconoscere al legittimo titolare: un compenso non simbolico, ma stabilito secondo il valore di mercato da una commissione esterna e ad hoc. Le faccio un esempio banale: è possibile espropriare un terreno per consentire il passaggio di un’autostrada perché l'interesse pubblico rappresentato dalla realizzazione dell’autostrada supera l'interesse privato del proprietario del terreno. È proprio l'art. 42 della Costituzione che, dopo aver stabilito che la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, dispone che la stessa possa essere espropriata per motivi di interesse generale, salvo indennizzo, ovviamente. Ecco, il concetto è lo stesso.

D'accordo, quello è l'esproprio di un terreno. E l'esproprio di un brevetto? Quale legge lo permette?

L’Articolo 141 del Codice della proprietà industriale prevede che i diritti della proprietà industriale, tra cui appunto i brevetti e con esclusione soltanto dei diritti sui marchi, possono essere espropriati dallo Stato nell’interesse militare e nella difesa del Paese o per altre ragioni di pubblica utilità. E quale ragione di pubblica utilità potrebbe essere più fondata rispetto all'esigenza di tutelare la vita e la salute dei cittadini nel contesto della pandemia che affligge l'intero pianeta?

Art. 142 e 143 del Codice della proprietà industriale, a norma dell'art. 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2005 - Supplemento Ordinario n. 28.
Art. 142 e 143 del Codice della proprietà industriale, a norma dell'art. 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2005 – Supplemento Ordinario n. 28.

Chi firma l’esproprio?

Il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro competente, in questo caso della Sanità, di concerto con i Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Economia delle Finanze, sentito il parere della Commissione dei ricorsi.

E perché non è stata perseguita questa via nonostante le evidenti difficoltà nel reperire sufficienti quantità di vaccini?

Bisognerebbe anzitutto accertarsi che chi di dovere sia a conoscenza della previsione normativa in commento. Per esercitare un diritto non devi soltanto averne voglia, devi conoscerlo. Questa pandemia sarà ricordata anche per la "strage dei diritti" perpetrata ai danni dei cittadini.

Forse è per una questione di understatement tra gli Stati membri dell’Ue che hanno deciso di agire in concerto rispetto all’approvvigionamento dei vaccini. 

La Germania si sta orientando verso licenze obbligatorie per qualsiasi brevetto legato alla gestione del Covid-19, sulla scia di Cile, Israele, Ecuador. Il Regno Unito fin da subito si è indirizzato verso la depenalizzazione dello sfruttamento dei brevetti legati al Coronavirus, poi non ha avuto problemi di approvvigionamento, fortunatamente per lo stesso. Lo stesso ha fatto il Canada. Insisto, credo che alla base di questa scelta, anzi di questa non scelta, ci sia scarsa conoscenza della legge oppure un diverso motivo che mi sfugge, ma che comunque non ha nulla a che fare con la possibilità di entrare in conflitto con l’Ue, né con i contratti stipulati da quest'ultima con le case farmaceutiche.

Veniamo alle indennità. Gli unici contratti resi parzialmente pubblici sono quelli siglati con AstraZeneca e Curevac. In entrambi i casi, gli stati membri si sono impegnati a indennizzare, o comunque tenere indenne, l’azienda e i suoi partner da danni e responsabilità, comprese spese legali, derivanti da richieste di risarcimento conseguenti all’uso del vaccino (art. 14.1 Indemnification). Io, come cittadina, cosa posso fare per essere risarcita?

La procedura è abbastanza mortificante. Le disposizioni normative delle leggi speciali n. 210 del 1992, n. 238 del 1997 e n. 229 del 2005 prevedono il riconoscimento di indennità, sostanzialmente simbolica, in favore di tutti coloro che hanno subito degli effetti collaterali. Roba da elemosina.

In caso di decesso, a quanto ammonta quella che lei chiama elemosina?

Ai sensi dell’art. 2 della Legge 210 del 1992, nel caso in cui dal vaccino sia derivata la morte, l’avente diritto può optare tra un assegno reversibile per quindici anni o una somma una tantum di 77.468,53 euro.

E a pagare il risarcimento della vita di un cittadino al costo di 77.468,53 euro, più tutte le spese legali, saremmo noi contribuenti, anziché le case farmaceutiche, è corretto?

Sì, anche se, come legale punterei a chiamare in giudizio direttamente la casa farmaceutica al fine di ottenere un risarcimento pieno e secondo diritto.

Ma non si può.

Certo che si può. La clausola con cui AstraZeneca limita la responsabilità del produttore e la scarica sui singoli Stati membri è, a mio avviso, una clausola nulla, o comunque annullabile, priva di qualunque potere vincolante.

Come si annulla la clausola di AstraZeneca?

Il contratto che è stato sottoscritto tra le parti è regolamentato dalla legge belga e, in caso di contenzioso, l’unico foro competente è quello di Bruxelles. Ma la direttiva 85/374/Cee del Consiglio d’Europa del 25 luglio 1985, recepita anche in Belgio, vieta esplicitamente che la responsabilità del produttore possa “essere limitata o esclusa nei confronti della vittima da una clausola di limitazione o esclusione della responsabilità”, proprio per preservare gli inderogabili diritti dei consumatori di avviare azioni risarcitorie avanti al Giudice dei loro singoli Paesi.

Ma se si può annullare una clausola viene meno l’intero contratto, no?

Se io penzolo legato ad una corda fuori dal balcone e lei passa e mi dice che mi aiuterà a slegarmi a patto che io le intesti tutti i miei beni evidentemente le dirò di sì. Ma così facendo lei sta approfittando del mio stato di bisogno, e questo non va bene. Su questo l’Europa potrebbe fare la voce grossa.

Sta dicendo che i contratti siglati con le case farmaceutiche possono essere annullati o essere ritenuti nulli?

Ci sono ampi margini giuridici per annullare o ritenere nulli i contratti perché conclusi imponendo alla parte debole, e qui in evidente stato di bisogno, clausole vessatorie e comunque tali da compromettere lo stesso sinallagma che ne legittimerebbe l'esistenza. Forse questo è il primo banco di prova della tenuta dell’equilibrio tra sovranità nazionale e Unione europea. Un equilibrio che, come tale, non deve essere a scapito né dell’una, né dell’altra.

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