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La vacanza in Italia è un incubo: turista arrestato in hotel si fa un mese in cella per scambio di identità

L’uomo giunto in Italia aveva una condanna per furto risalente al 2020 e di cui lui però non sapeva nulla. Grazie all’avvocato, ha scoperto che un connazionale aveva rubato la sua identità facendolo condannare in contumacia. Dopo un’istanza, i giudici hanno accolto la sospensione dell’esecuzione della condanna in attesa del processo di revisione.
A cura di Antonio Palma
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Immagine di repertorio.
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Prelevato dai carabinieri in hotel durante la vacanza in Italia e portato in cella senza capire bene il motivo, un turista ha trascorso un mese in carcere prima di scoprire che era stato indagato, processato in contumacia nel nostro Paese e quindi condannato per uno scambio di identità. Quello che sembra la sceneggiatura di un vecchio film con Sordi è avvenuto nella realtà durante l’estate in Veneto quando il protagonista della storia, il 43enne Ovidiu A. è stato arrestato mentre festeggiava il compleanno insieme a moglie e figlie a Caorle.

Le forze dell’ordine infatti avevano letto la lista degli ospiti consegnata dall’hotel e avevano individuato tra di loro l’identità di un uomo condannato per furto e quindi ricercato da anni. Una condanna per furto risalente al 2020 e di cui lui però non sapeva nulla e che però gli è costata l’arresto nel giorno del suo compleanno. Per un mese è rimasto così in cella prima che l’avvocato assoldato per farsi difendere non ha dimostrato che in realtà era stato lui ad essere stato vittima di furto di identità da parte di un connazionale, vero autore del furto.

Come ricostruisce il Gazzettino, i fatti contestati risalgono addirittura al dicembre 2012 quando a Pistoia fu commesso un furto che portò gli investigatori a individuare come possibile responsabile una persona identificata come Ovidiu. L’uomo, fermato e identificato, era diventato poi irrintracciabile, nel frattempo però l’inchiesta ha portato a un processo in sua assenza con relativa condanna.  

Dalla cella il 43enne si è rivolto a un legale di fiducia ribadendo la sua totale estraneità ai fatti. L’avvocato ha acquisito prima la testimonianza del datore di lavoro dell'impiegato, che ha attestato che Ovidiu era in Romania il giorno del furto, e poi ha recuperato i fotosegnalamenti e le impronte digitali del vero ladro dimostrando un errore di identificazione. L’avvocato in pratica ha ricostruito che nel 2013 l'uomo indagato per il furto aveva assunto un'identità falsa con documenti a nome di Ovidiu prima di dileguarsi facendo ricadere la responsabilità sull’ignaro impiegato.

Prove che hanno portato a varie istanze di revisione tra cui una che nei giorni scorsi la Corte d'appello di Genova ha accolto sospendendo l'esecuzione della condanna in attesa del processo di revisione, già chiesto dalla difesa. L’uomo così è tornato in libertà anche se dovrà attendere ora l'annullamento della condanna.

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