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La storia della parrucchiera non vedente che va in bici e a fare la spesa: perché è stata assolta

Una parrucchiera di Lugo (Ravenna) era stata denunciata per truffa aggravata dopo essere stata ripresa in bici e al mercato, ma la perizia medica ha confermato che era davvero malata.
A cura di Biagio Chiariello
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È una vicenda che aveva fatto discutere in tutta Italia e che ora si chiude definitivamente: una parrucchiera, accusata di aver truffato lo Stato fingendosi cieca, è stata assolta. La donna, oggi 76enne, era finita al centro di un caso mediatico dopo che video girati dalla Guardia di Finanza nell’autunno del 2011 mostravano la sua incredibile autonomia: pur ufficialmente non vedente, attraversava le strade, indicava articoli su un giornale, faceva la spesa al mercato, lavorava nel suo salone e persino girava in bicicletta.

Queste immagini avevano portato all’apertura di un fascicolo per truffa aggravata ai danni dello Stato e alla sospensione delle indennità per la cecità totale e dell’assegno di accompagnamento che percepiva da anni. La donna, originaria di Bisignano (Cosenza) ma residente da decenni a Lugo di Romagna, era difesa dagli avvocati Michele Lombini ed Erica Appi. Il pubblico ministero Isabella Cavallari aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione e 500 euro di multa, mentre l’Inps si era costituita parte civile per il recupero di 43 mila euro ritenuti percepiti indebitamente.

Il caso è stato però definitivamente chiarito grazie a una perizia medica affidata al professor Pasquale Troiano, specialista del Policlinico di Milano noto anche per la visita fiscale all’ex premier Silvio Berlusconi. Lo studio ha rilevato che la donna presentava un elettroretinogramma piatto, condizione che indica l’assenza completa di segnali visivi dalla retina alla corteccia cerebrale, confermando quindi la sua cecità assoluta. Come spiegato dai giudici, questa condizione significa che, pur sviluppando strategie e abilità di orientamento tramite la riabilitazione e la memoria spaziale, la donna non percepisce immagini visive.

Il Gup di Ravenna, Piervittorio Farinella, il 4 ottobre 2013 l’aveva già assolta con la formula "perché il fatto non sussiste". La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la decisione, rigettando il ricorso dell’Inps e chiarendo che le attività osservate nei video non potevano costituire prova di truffa. I giudici hanno sottolineato come anche la diagnosi di retinite pigmentosa evidenziasse le capacità residue della donna di muoversi autonomamente, anche in contesti complessi come il lavoro in salone o gli spostamenti in città.

L’assoluzione ha comportato anche il ripristino delle indennità sospese, oltre al riconoscimento del danno subito dalla donna, che nel frattempo è andata in pensione, a seguito della lunga esposizione mediatica. L’avvocato Lombini ha ricordato che la cliente, scoppiata in lacrime alla notizia della conferma dell’assoluzione, aveva subito un danno non emendabile: "L’unico rammarico è che la gogna sia durata così tanto".

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