La mamma di Alberto Trentini, da 8 mesi in prigione in Venezuela: “Silenzio insostenibile, il governo tace”

“Oggi sono otto mesi esatti che mio figlio Alberto è in prigione, ma tutto tace e tace anche la nostra presidente del Consiglio”, le parole di Armanda Trentini, la mamma del cooperante detenuto da novembre in Venezuela.
A cura di Susanna Picone
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"Oggi sono otto mesi esatti che mio figlio Alberto è in prigione ma tutto tace e tace anche la nostra presidente del Consiglio. Questo silenzio per me e la mia famiglia è insostenibile, il nostro Governo deve attivarsi come ha fatto quello svizzero con il compagno di prigionia di mio figlio che è stato liberato da poco e ha raccontato alla stampa le terribili condizioni di detenzione in cui si trova ancora Alberto”. Torna a parlare oggi Armanda Trentini, la madre del cooperante italiano detenuto in un carcere di massima sicurezza in Venezuela dal novembre scorso.

La donna era presente a piazzale Clodio per il sit-in che precede l'udienza sull'omicidio di Giulio Regeni. "Non possiamo più aspettare, le nostre istituzioni dimostrino di avere a cuore la vita di un connazionale e si adoperino con urgenza ed efficacia per riportare a casa nostro figlio mettendo in campo qualsiasi strumento di diplomazia come è stato fatto in altri casi: ogni giorno di inerzia in più corrisponde di indicibili sofferenze per Alberto e per noi. Contatti non ce ne sono e noi aspettiamo con fiducia che qualcuno faccia ciò che è necessario. Otto mesi sono troppi e dobbiamo ribellarci”, le parole di Armanda Trentini davanti alle telecamere.

Un contatto tra Trentini e la sua famiglia era arrivato, dopo mesi di silenzio, due mesi fa, quando il cooperante ha chiamato la madre.

Presente a piazzale Clodio insieme ai genitori di Trentini anche don Luigi Ciotti: “Troppi silenzi hanno accompagnato questi mesi. Troppe prudenze, troppe deleghe e, soprattutto, troppe ambiguità. Torneremo a far risuonare forte la nostra voce in nome di Alberto Trentini. Alberto è un nome che non porta in sé nessuna colpa. Anzi porta con sé la generosità di andare nel mondo, nei contesti più difficili, a sostegno dei più fragili’’. Don Ciotti ha ricordato, oltre a Regeni, anche Mario Paciolla: "Essere impegnati per i diritti umani non può trasformarsi in una colpa. È passato troppo tempo, per Giulio Regeni e per Mario Paciolla non siamo arrivati in tempo: allora chiediamo per loro verità e giustizia per la loro morte. Per Alberto siamo in tempo per chiedere rispetto per la sua vita, la libertà e la verità. È passato troppo tempo, stiamo perdendo tempo. È un silenzio assordante. Chi ha delle responsabilità in questo Paese usi la faccia’’.

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