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La mamma del bimbo di 3 mesi avvelenato col detersivo a Vasto: “Ce lo siamo bevuti, ci dobbiamo ammazzare”

Neonato di tre mesi ricoverato dopo aver ingerito detersivo a Vasto. La madre, 42 anni, indagata per lesioni aggravate diceva: “Ci dobbiamo ammazzare”.
A cura di Davide Falcioni
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Immagine di repertorio.
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"Ci siamo bevuti il detersivo, ci dobbiamo ammazzare". È la frase chiave di quanto accaduto dieci giorni fa a Vasto, nell’abitazione di una coppia con un figlio di tre mesi e mezzo ricoverato con sintomi di avvelenamento all'ospedale cittadino. Parole pronunciate dalla madre, 42 anni, davanti al marito subito dopo aver ingerito e fatto ingerire al neonato del sapone per piatti.

L’allarme è scattato quando il padre ha notato la tutina del bambino sporca di schiuma. Dopo aver ascoltato quella frase, ha portato il piccolo al pronto soccorso dell’ospedale San Pio da Pietrelcina. I sanitari, rilevato il sospetto avvelenamento, hanno attivato il protocollo previsto: lavanda gastrica per madre e figlio e segnalazione alle forze dell’ordine.

Agli investigatori la donna ha riferito di non riuscire più a sopportare il pianto del bambino. Gli inquirenti hanno rilevato una condizione di forte fragilità emotiva e una iniziale assenza di reazioni affettive nei confronti del figlio, elemento finito agli atti dell’indagine. La procura ha contestato il reato di lesioni aggravate, escludendo l’ipotesi di tentato omicidio anche alla luce della quantità di detersivo somministrata, indicata in un cucchiaino da caffè, e del fatto che la stessa sostanza sia stata ingerita anche dalla madre.

Assistita dall’avvocato Antonino Cerella, la 42enne ha ammesso ogni responsabilità nel corso dell’udienza del 12 dicembre davanti al gip del tribunale di Vasto, Fabrizio Pasquale. Sono state confermate le misure cautelari: divieto di avvicinamento al figlio entro 500 metri e obbligo di braccialetto elettronico. In caso di rifiuto, scatterebbe il divieto di dimora nel comune di Vasto.

Il tribunale per i minorenni ha disposto la sospensione della responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, ritenendo insufficiente la vigilanza del padre. La donna è attualmente ricoverata nella clinica psichiatrica regionale, dove segue un percorso psicologico e farmacologico. La difesa parla di depressione post partum e di un gesto autolesionistico maturato in un momento di crisi acuta.

Attraverso il suo legale, la madre ha chiesto che il bambino venga affidato temporaneamente ai nonni paterni, soluzione sostenuta anche dai servizi sociali per evitare l’inserimento in istituto. La decisione è attesa per l’udienza di lunedì.

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